L’apostolo Giovanni scrive che il cristiano è colui che ha creduto all’amore. Si, il credente è colui che riconosce l’amore come forza motrice di un mondo sempre da rinnovare, sempre da trasformare, sempre da inventare, sempre da
ricreare. Lo stesso Giovanni annota che la fede è la vittoria sul mondo, sulla voglia di imporsi, di comandare, sul bisogno di dominare sugli altri. L’amore cristiano ha la qualità di trasformare il mondo.
Nel Servo di Dio Angelo Angioni possiamo percepire diversi aspetti, in particolare dalla sua vita sacerdotale emerge il suo agire missionario, che ha contraddistinto tutta la sua esistenza.
Come sacerdote fidei donum si impegnò, in maniera concreta, nel trasmettere alla comunità cristiana in cui visse il senso di Chiesa Missionaria. Per questo motivo decise di fondare nella diocesi di São José do Rio Preto, l’Istituto
Missionario del Cuore Immacolato di Maria, il quale all’inizio aveva una dimensione ristretta e parrocchiale, ma nel tempo ha potuto allargare i suoi confini anche fuori della stessa diocesi. È importante sottolineare che insieme
ai sacerdoti, seminaristi e laici consacrati, venne, in seguito, creato anche il ramo femminile, quello di vita attiva e quello di vita contemplativa.
L’ideale missionario
L’ideale missionario di Mons. Angioni nasce unicamente dal di dentro: più si allarga la conoscenza di Gesù Cristo, più si ha desiderio di annunciarlo. E così il missionario ad gentes si stacca dal suo mondo, dal suo paese, e dalla sua
cultura per avvicinarsi a un mondo diverso.
La missione rafforza la nostra identità cristiana e la nostra appartenenza a Cristo. Papa Francesco nell’enciclica Evangelii Gaudium al n. 120 esprime con forza lo stesso concetto:
“In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del
Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni”
La vita del Servo di Dio fu totalmente dedicata alla Chiesa ed è attraverso di Lei che ha promosso tutte le iniziative umane e sociali, soprattutto per dare conforto a situazioni al limite dell’umano. Insieme all’impegno sociale vi era
sempre quello spirituale, sono tante le testimonianze che riferiscono di come
seguiva numerosissimi figli spirituali. Per lui, la vita attiva e la vita contemplativa, dovevano sempre camminare insieme. Egli, semplice prete ha preso la forma e l’immagine del Crocifisso, di quell’Uomo consumato dall’amore per tutti gli uomini, per questo la sua è stata una vita piena e ricca di senso,
come è la vita di chi rimane e vive nell’amore di Cristo. Mons. Angioni ci ha ricordato che per imparare ad amare dobbiamo tornare ai piedi del Crocifisso, da cui l’amore sgorga come un effluvio. È bello pensare che ci sono stati – e ci sono ancora – uomini capaci di una carità sconfinata, perché la santità è storia di amicizie – la nostra con Lui; la nostra con i fratelli.
La vita, la missione, le opere
Mons. Angioni nacque il 14 gennaio 1915 in Bortigali (SS) nella Sardegna, figlio di Antonio Angioni e di Maria Grazia Manconi. Nel 1917 i suoi genitori si trasferirono nella cittá di Ozieri. Nel 1926 entrò nel Seminario Diocesano di
Ozieri e poi, nel 1930, nel Pontificio Istituto delle Missioni Estere (PIME) trasferendosi prima a Genova, poi a Monza e Milano, ma per ragioni di salute dovette tornare a casa ed entrò nel seminario regionale sardo. Il 31 luglio
1938 fu ordinato sacerdote. Fu viceparroco, parroco e, nel 1948, fu nominato rettore del seminario. In quel tempo lavorò anche per costituire una comunità diocesana di sacerdoti oblati, consacrati alle missioni popolari e, possibilmente, alle missioni fuori casa.
Nell’Anno Santo del 1950 fu inviato a Roma dal suo vescovo per chiedere una terra di missione per gli Oblati della
diocesi. Gli fu presentata la richiesta del Vescovo di São José do Rio Preto, Stato di São Paulo, in Brasile, bisognoso di sacerdoti per la sua diocesi. Nacque così la cooperazione tra le diocesi di Ozieri e Rio Preto. Don Angelo fu il primo
ad offrirsi e nel novembre del 1951 salpò per il Brasile. Giunto a Rio Preto si inserì come cooperatore nella parrocchia di Sao Joao Batista e, poco dopo, ne fu nominato parroco. Pensava di restare in Brasile tre anni, ma vi è rimasto
tutta la vita.
Aveva chiaro il suo programma: aiutare la Diocesi “a soddisfare tutte le esigenze di una vita spirituale intensa. Per questo doveva avere una comunità di contemplativi; una congregazione femminile di vita attiva dedicata all’evangelizzazione ed all’insegnamento; un gruppo di sacerdoti che il Vescovo potesse inviare come missionari dentro e fuori della diocesi; un movimento laicale di appoggio morale e materiale alle missioni della diocesi”.
Con una tenacia tutta sarda volle una scuola parrocchiale, avviò la costituzione di un istituto missionario diocesano, formato da sacerdoti, diaconi, religiose e laici. Già nell’agosto del 1966 i primi laici fecero la loro consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. In quegli anni il Vescovo di São José do Rio Preto, mons. Lafayette, scriveva a Mons. Carraro, fondatore del Seminario per l’America Latina a Verona: “Nasce, col mio permesso, un piccolo seminario per l’America Latina. I sacerdoti che si formano lì si compromettono ad esercitare il ministero anche fuori della diocesi”. Nella decada degli anni ‘70 si prodigò perché la diocesi di Pavia, dove era vescovo il fratello Antonio, inviasse a Rio Preto una equipe di docenti e formatori per avviare il seminario maggiore. Consapevole che una chiesa ha bisogno anche di strutture, fu instancabile costruttore di Chiese, cappelle, case parrocchiali, case di ritiro, residenze per religiose, spazi per le attività parrocchiali. Tutto questo senza trascurare il suo interesse per le lingue, la teologia, l’ecologia, la medicina naturale e le traduzioni.
Scrisse innumerevoli opuscoli formativi che stampava e diffondeva per mezzo della tipografia editrice di cui aveva dotato l’istituto Missionario Cuore Immacolato di Maria. Il 22 giugno del 2000 un ictus rallentò ma non fermò il suo dinamismo. Per otto anni, benché debilitato, costretto ad una sedia a rotelle, continuò, per quanto ridotta, la sua attività pastorale.
Il ritorno al Padre
È morto il 15 settembre del 2008 e venne sepolto nella chiesa di São João Batista, José Bonifacio. I suoi resti mortali furono esumati il 7 giugno 2015 e sono meta di numerosi pellegrinaggi
da parte dei fedeli che attribuiscono alla sua intercessione numerosi favori. Il suo nuovo sepolcro si trova nella suddetta chiesa della prima sepoltura.
Tutte le pagine del Vangelo raccontano di occhi e di cuori che hanno saputo riconoscere la Verità. Ed è proprio in queste pagine che Dio si nasconde nella storia ed è in quelle stesse pagine che Lui e l’uomo si rincorrono, perché
proprio in questa storia lo si incontra faccia a faccia, per smetterla di essere quelli di prima, e divenire uomini nuovi così come ha fatto quest’umile prete missionario.
Andrea Maniglia
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