Sperando contro ogni speranza
Il tema e il contenuto della speranza, massicciamente presente nell’epistolario paolino accanto ad altre colonne portanti della fede e della vita cristiana, è particolarmente caro alla Lettera ai Romani. Quest’ultima , infatti, è stata definita a buon diritto “la lettera della speranza”.

Per addentrarci nel mondo di questo scritto, inviato probabilmente da Corinto negli anni 56-57 d.C., soffermiamoci sulla prima ricorrenza del termine, in 4,18. Paolo sta parlando di Abramo e dice: “Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza”. Nella prima sezione della Lettera (1,18-4,25), Paolo tratta della fede dell’uomo e della giustificazione gratuita da parte di Dio nei confronti dell’umanità, immersa nel peccato come dentro una sorta di sabbie mobili da cui da solo non riesce a liberarsi. È Dio però che offre la salvezza e all’uomo è richiesto soltanto di accoglierla mediante la fede, aprendosi a Dio che giustifica, cioè che salva.
E qui entra in gioco Abramo che, nel cap. 4, ci viene presentato come modello di fede. Egli non è stato giustificato per le opere, ma per la fede (cf. 4,2). Infatti “non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che deriva dalla fede” (v. 13). Abramo riceve una promessa, quella di essere padre delle moltitudini, capostipite di una discendenza numerosa come le stelle del cielo.
E che cosa fa Abramo davanti a questa promessa che riceve come dono?
Ecco il nostro versetto. Rm 4,18 presenta un gioco di parole sul concetto di speranza che in greco suona: par’elpìdi ep’elpìdi epìsteusen (letteralmente: contro speranza sulla speranza sperò). Se credere è anche confidare, affidarsi ad un fondamento, costruirci “sopra” (epì), anche la speranza esprime l’idea di una base, di un appoggio solido su cui potersi appoggiare. Commenta San Giovanni Crisostomo: “Abramo, contro ogni speranza umana, si appoggia alla speranza di Dio”. Contro ogni speranza (di tipo umano) allora, interviene la speranza del credente.
Abramo come è padre della fede, così diviene modello di speranza. Anche quando la speranza umana tramonta (egli è vecchio e il grembo di Sara è sterile, come morto), anche quando la speranza di una discendenza appare impossibile a realizzarsi rischiando di far vacillare il fondamento su cui egli ha edificato la sua esistenza, la sua speranza di credente non viene meno perché è fondata in Dio e nella sua promessa che non può disattendere. Siamo in pieno orizzonte dell’Antico Testamento e della speranza in esso contenuta che Paolo fa sua. Essa si fonda sulla fedeltà di Dio alle sue promesse. Se Dio nel passato della vita del credente si è dimostrato fedele a ciò che ha promesso, rimarrà fedele anche nel futuro. La vera speranza è quella che ripone fiducia in Dio, quindi è un frutto della fede del credente.
È così che la fede solida del Patriarca diventa il motivo della sua speranza solida. Ogni credente, a partire dai destinatari della Lettera provenienti dal giudaismo o dal paganesimo fino ad arrivare a ciascuno di noi, si trova impegnato a camminare “sulle orme della fede del padre Abramo” (v.12) seguendo il suo tracciato sulle vie della speranza che non delude (cf. 5,5).
Clicca qui per leggere l’ultima puntata su San Paolo.
Don Fabio Villani