Accendo il pc per scrivere il commento al Vangelo ma sono anche sintonizzata su Rai3 per seguire il Papa a “Che tempo che fa” e così leggo il testo ma poi ascolto con attenzione il Santo Padre intervistato da Fabio Fazio.
“Beati voi, poveri”
I discorsi tra il pontefice e il presentatore sono seri, il dialogo si apre sul dolore dei poveri, sull’emarginazione dei migranti che richiamano le parole dei primi versetti di questo Vangelo: “Beati voi poveri, beati voi che ora avete fame, beati voi che ora piangete”. Il Papa parla di accordi tra i paesi membri della Comunità Europea per favorire l’inserimento dei migranti in ogni stato ma poi il suo commento plana sulla concretezza della vita: quando dai l’elemosina tocchi il povero? Lo guardi negli occhi?
Negli occhi del povero c’è il regno dei cieli. Il Regno è già loro. Guardare negli occhi chi soffre è prendere parte al mistero del Regno.
Beati voi poveri perché vostro è il Regno dei cieli. Il Regno è dei poveri adesso, e noi possiamo goderne contemplandolo nei loro occhi.
Il discorso tra Fazio e Francesco tocca molti temi: la guerra, la famiglia, l’educazione dei figli. Francesco è sereno ad ogni domanda, il suo volto ed i suoi occhi si abbassano solo mentre Fazio pone una domanda sulla Chiesa: come pensa debba essere la Chiesa del futuro?
La sua è una risposta semplice e seria. Il Papa parla della più grande piaga della Chiesa: la “mondanità spirituale”. Ma non cita peccati sessuali, liceità, trasgressioni di regole o altro…Mi sarei aspettata questo contenuto dietro la parola “mondanità”.
Egli invece parla ancora di “clericalismo” e di “rigidità” che si annidano in alcune frange della Chiesa, non tutta per fortuna. Lo ripete spesso ultimamente per indurci ad uno sforzo ulteriore di conversione. Perché se è vero che ci sono tante donne e uomini di buona volontà che servono nel silenzio e costruiscono il bene; è altrettanto vero che esiste una Chiesa rigida, chiusa dentro un sistema che nutre e alimenta solo sé stesso. Una Chiesa che per tanto tempo si è concentrata in pastorali di mantenimento senza slancio missionario.
“Guai a voi, che ora siete sazi”
Una Chiesa “sazia” di sé stessa. Sazia di ruoli, incarichi, territori da controllare. Sazia di rettangolini di società da amministrare: scuole, ospedali, opere varie… Una Chiesa che si è costruita il suo mondo nel mondo e non è più lievito del mondo. Mondanità…mondanità…
Una Chiesa sazia di riconoscimento. Ripenso agli anni universitari quando un prof che mi aveva vista tra le fila di un’associazione cattolica di cui anche lui faceva parte all’esame mi disse: “lei è cattolica quindi…” Scrisse 30 dopo solo due domande, meno di quanto chiedeva di solito. E ancora sento quanto poco sia mio quel 30. Sazi di “buon nome”. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi!
Sazi anche di “fraternità” nei movimenti carismatici, nei gruppi, nelle associazioni.
Sazi di una fraternità auto-goduta che non si apre al mondo mentre fuori la gente comune perde il senso di famiglia e di comunità. Scompare la parrocchia, luogo di tutti e per tutti. Mentre molti vivono la solitudine.
Guai a noi sazi. Che ci manchi qualcosa! Che noi cristiani possiamo sentire la fame del fratello. Fame di amicizia, di compagnia. Che il nostro sia un cristianesimo attento alle povertà dei fratelli, un cristianesimo inquieto. Allora come quella folla ci addosseremo alla carne del Cristo tentando di toccarlo con la fiducia dei veri poveri.
Claudia Spurio
Qui il commento di domenica scorsa.