Fino a poche ore fa ero indeciso se scrivere o meno queste righe di condivisione su Sanremo. Tutti, o quasi, in questa settimana parlano di Sanremo, a favore Sanremo, contro Sanremo. Un evento che ingloba e attira, divide e unisce ma la mia reticenza è stata vinta da quel gigante di umanità, sensibilità e di arte che è Giovanni Allevi.
Il maestro Allevi con la sua testimonianza e la sua musica e con tre parole: gratitudine, riconoscenza e speranza ha scosso il nostro torpore quotidiano e ci ha messo davanti ad una realtà stupenda: Sanremo è ben di più di look audaci, spettacoli eccentrici, Sanremo è l’esempio di un’umanità che cerca un senso attraverso la musica e le parole.
Sarebbe bastato quel gesto liberatorio di uno dei La Sad, che terminata l’esibizione, grida: “La musica mi ha salvato la vita”. Un’espressione non nuova, quante volte l’abbiamo detta o sentita dire ma che acquista tutt’altro sapore e spessore se chi la lancia ha scritto una canzone Autodistruttivo simbolo della lotta per la vita e contro il suicidio.
Oppure Loredana Bertè, anima perennemente irrequieta che con la sua Pazza ci apre uno squarcio sul tormento dell’accettazione di sé e della richiesta di perdono, una canzone che arriva dopo anni di “Mi odio” e che è un urlo di amore verso sé stessi nonostante il chiacchericcio mortale della folla: E sono pazza di me, sì perché mi sono odiata abbastanza. Prima ti dicono basta sei pazza e poi poi ti fanno santa.
Anche Il Tre, giovane rap, esordisce con il suo brano che è un viaggio nelle parti buie di sé alla scoperta della propria fragilità: fragili, come la neve, come due crepe; nell’esercizio coraggioso del chiedere scusa e nell’affrontare ciò che dentro di noi ci provoca terrore: mostri, sensi di colpa e brutti ricordi.
Oppure il desiderio misto a bisogno di semplice tenerezza di Maninni che in Spettacolare ci culla con “Ma abbracciami abbracciami che è normale, stringerti forte è spettacolare”.
Chiude questa lacunosa distinta Angelina Mango che, nella serata delle cover, commuove fino nel profondo reinterpretando “La Rondine” di Pino Mango, suo padre, morto prematuramente quasi un decennio fa. Mentre la ascoltavo ho chiuso gli occhi e alle parole: La mia rondine andata via, sei il mio volo a metà, sei il mio passo nel vuoto. Dove sei? Dove sei? Dove sei? Dove sei? Dove sei? Unico amore che rivivrei; ho percepito il cuore di una figlia che cerca anelante il padre e qualche momento ancora con lui.
Sicuramente la lista potrebbe continuare ancora ma ciò che traluce da questa breve condivisione è che, a Sanremo come su ogni palco, dietro ogni maschera c’è un volto e dentro ogni personaggio c’è una persona che cerca un senso, desidera il bene e ha sete di qualcosa di grande.
Per chi volesse leggere i testi nella loro integralità: I testi ufficiali delle canzone del Festival
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