Re perché Dio; Re perché uomo è il primo dei due articoli di approfondimento a cura del prof. Lanni Cristian, l’altro lo potete trovare nella nostra rubrica ABC Liturgico.
La scorsa domenica 5 novembre il Rito Ambrosiano ha celebrato la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
Il 26 novembre, secondo il Rito Romano, si celebra una Solennità significativa che segna la conclusione dell’Anno Liturgico in entrambi i Riti. Questa celebrazione non solo conclude il ciclo liturgico ma richiama un concetto teologico fondamentale per la vita del Cristiano.
Tale Solennità è celebrata da molte confessioni Cristiane, non solo i Cattolici, ma anche i Luterani, gli Anglicani, i Presbiteriani e i Metodisti.
La Storia della Solennità nella Chiesa Cattolica
L’origine della Solennità di Cristo Re
L’origine della Solennità di Cristo Re risale al 1899, quando Papa Leone XIII, l’11 maggio di quell’anno, chiese alla Chiesa una consacrazione al Cuore di Gesù.
Da quel momento, un Gesuita di nome Sanna Solaro promosse una petizione affinché il Pontefice istituisse una festa liturgica in onore della regalità del Cuore di Cristo.”
I Vescovi aderenti furono quarantanove, successivamente fu il Pontefice Pio XI a stabilire che:
«perché più abbondanti siano i desiderati frutti e durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo Ci sembra che nessun’altra cosa possa maggiormente giovare quanto l’istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re» [1].
Dopo una seconda supplica, che ebbe luogo in seguito a un Congresso Eucaristico, e una terza firmata da 340 Cardinali, Vescovi e Moderatori Supremi di Istituti di Vita Consacrata, venne stabilito dal Pontefice che la celebrazione della regalità di Cristo avvenisse nell’ultima domenica di ottobre.”
A questa istituzione taluni si opposero esprimendo delle perplessità, o perché consideravano la regalità di Cristo già celebrata nell’Epifania, o perché – piuttosto collegando la regalità alla politica – si considerava la forma monarchica oramai politicamente obsoleta [2].
Certamente, anche il periodo storico ha contribuito, questo è indiscutibile. Nell’età dei totalitarismi affermare con chiarezza la (sola) regalità di Cristo relativizzava le affermazioni dei regimi che pretendevano dai popoli una adesione personale ed assoluta [3].
“La Regalità di Cristo nel Ciclo Liturgico: Evoluzione e Significato”
Originariamente, la data della Solennità di Cristo Re si colloca liturgicamente prima della celebrazione di Tutti i Santi.
In seguito al Concilio Vaticano II, il Messale riformato ha posticipato questa solennità alla domenica precedente l’Avvento, specificamente all’ultima domenica del Tempo ordinario, concludendo così l’Anno Liturgico.
Nel Rito Ambrosiano, con la Solennità si chiude l’Anno Liturgico, ma data la durata differente dell’ Avvento Ambrosiano, si celebra la domenica prima della Festa liturgica di San Martino. Quest’ultima precede sempre la prima domenica dell’Avvento Ambrosiano
Il termine dell’Anno Liturgico indica la regalità di Cristo compimento di tutte le realtà ultime nella vittoria sulla morte. Cristo è Capo della Chiesa, compimento ultimo di tutte le realtà terrene.
E’ dunque questo il motivo per cui nel Rito antico la Solennità era stata collocata prima della Solennità di Tutti i Santi, ma anche della Commemorazione dei fedeli defunti.
Alcune considerazioni prodromiche
Il significato sociale della Regalità di Cristo
Il tema della Regalità di Cristo costituisce un interessante incrocio di tematiche teologiche e sociali nella riflessione teologica cattolica del Novecento. Per comprendere fino in fondo il significato della Solennità è essenziale uno sguardo al contesto storico nel quale si afferma anche ufficialmente la dottrina della Regalità di Cristo.
Proprio perché confluiscono elementi teologici e riferimenti alla nozione “sociale” di Regalità, risulta particolarmente importante uno sguardo al contesto. Sicuramente è stata essenziale la nascita – verso la fine della seconda metà dell’Ottocento – della cosiddetta “Dottrina del Regno sociale del Sacro Cuore” [4].
È fondamentale, però, comprendere cosa si intenda per “regalità” di Cristo o del Cuore di Cristo: intendiamo il diritto che possiede l’Uomo-Dio e che con Lui possiede la Chiesa, che lo rappresenta quaggiù, di esercitare la sua divina autorità nell’ordine morale sulle società così come sugli individui, e l’obbligo che questo diritto impone alle società di riconoscere l’autorità di Gesù Cristo e della Chiesa nella loro esistenza e nella loro azione collettiva.
Contesto politico e storico in Italia
Una seconda considerazione, accennata, è quella di carattere politico che inevitabilmente – anche qui – si riflette sulla scelta del Pontefice di istituire liturgicamente una Solennità che fu “confusa” con un concetto di carattere (appunto) politico. Va ricordato che lo Stato unitario nasce in netta contrapposizione con la Chiesa cattolica: la presa di Roma del 1870, la forte influenza della massoneria sul nascente Regno d’Italia e la “questione romana” si prolungano ampiamente fino al primo decennio del secolo ed evidenziano una distanza tra cattolici e Stato unitario liberale sul piano politico, accompagnata però da un notevole impegno cattolico nell’ambito sociale.
La prima guerra mondiale, che dopo molte esitazioni iniziali vede un impegno patriottico di tutti i cittadini, cattolici compresi, da una parte avvicina i cattolici allo Stato, dall’altra continua a evidenziare la presa di distanza da una concezione di Stato nato in contrapposizione alla Chiesa e che continua a non riconoscerne la peculiare posizione e sovranità. La nascita, negli ultimi decenni dell’Ottocento, del socialismo, è un altro elemento importante del panorama politico e sociale; che rendeva ancora più isolata la posizione dei cattolici, che se non si riconoscevano nello Stato liberale, non potevano riconoscersi nemmeno nel socialismo, soprattutto per i suoi presupposti teorici materialisti e atei.
Successivamente, la nascita del fascismo e la concezione etico-totalitaria dello Stato, rappresentano un altro elemento da tenere presente: di fronte alla concezione dello stato etico, che va affermandosi col fascismo e che riassume in sé ogni autorità non solo civile ma anche morale, risulta fortemente critica la nozione stessa di Regalità di Cristo, che negava allo Stato tale totalitaria pienezza dei poteri, perché essa spettava solo a Cristo.
Riflessione teologica sulla regalità di Cristo
Terza ed ultima considerazione previa necessaria: la riflessione teologica soggiacente. Oltre alle circolanti riflessioni sul Regno sociale del Sacro Cuore vanno ricordate altre elaborazioni teologiche che precedono più immediatamente l’enciclica sulla Regalità e in qualche modo la preparano;
Va ricordato in particolare un editoriale della Civiltà cattolica, e un articolo su Ètudes, la rivista dei Gesuiti francesi, che sviluppano importanti riflessioni sul tema e che per molti versi anticipano gli stessi contenuti dell’enciclica.
Tali interventi sono ben conosciuti anche da Gemelli, che li cita in Vita e Pensiero dell’agosto 1925, nel Voto teologico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Per la festa della Regalità del Sacro Cuore. Tale Voto teologico si pone ugualmente nella serie di tali interventi che hanno in qualche modo preparato la pubblicazione dell’Enciclica.
Una regalità ipostatica e crocifissa
La precisa concezione teologica della Regalità, secondo la quale a Gesù compete il regio potere e come Dio e come uomo, in quanto tutto l’universo gli appartiene de jure per ragione di creazione e di redenzione; potere che nel triplice ordine legislativo, giudiziario, e coercitivo gli dà giurisdizione sugli spiriti puri, sugli uomini, sulle nazioni. I
Il concetto di Regalità
l concetto di Regalità di cui si parla deriva evidentemente dall’ordinamento sociale e dalla riflessione giuridica su di esso: nel «regio potere» si distingue un triplice ordine legislativo, giudiziario e coercitivo.
La nozione di Regalità viene quindi assunta in senso proprio, secondo i contenuti derivanti dal contesto sociale contemporaneo, e il dato biblico viene letto e interpretato secondo lo schema dei tre poteri regali, schema che evidentemente è assunto come sicuro in anticipo e che guida tutta la seguente indagine biblica: la Sacra Scrittura attribuisce a Gesù Cristo la suprema potestà di giurisdizione legislativa, giudiziaria e coattiva, nella quale potestà consiste in modo speciale la potestà regia. E difatti: come legislatore era stato predetto «Il Signore nostro legislatore, il Signore nostro Re» [5]. Testo che i migliori esegeti attribuiscono al Messia. E di fatto Gesù Cristo, come risulta dal Vangelo, diede agli uomini dei precetti esigendone l’osservanza. «Osservate i miei comandamenti» [6]. Questo il dato consegnatoci dalla storia.
La Complessità della Regalità di Cristo: Un’Analisi Teologica e Concettuale”
Oggi risulta facilmente criticabile un tale approccio alla Scrittura, che comporta un evidente frazionamento del dato biblico, spezzettato in tante piccole affermazioni che servono a «confermare» quanto già si era individuato previamente come struttura del discorso; ma in questo senso si focalizza pienamente il quadro della teologia cattolica contemporanea all’istituzione della Solennità, sulla quale deve dunque ricadere un’eventuale riserva critica.
Bisogna tuttavia osservare che se è vero tale teologia ha un concetto schematico e forse un po’ rigido della Regalità di Cristo, quando la si esamina nel suo specifico significato, tale concetto si allarga decisamente quando il discorso non si ferma ad approfondire ed esaurire la nozione di potere regale di Cristo; anzi, in questo caso si allarga talmente che la nozione di Regalità costituisce il punto di convergenza e il concetto di collegamento tra i vari aspetti del mistero di Cristo. La nozione di Regalità sembra quindi soggetta a questa singolare oscillazione tra un significato specifico abbastanza ridotto e una ricchezza di senso estremamente ampia.
Cristo è Re perché è Dio. Bisogna notare subito che la persona di Cristo, a cui si vuol riferire il titolo di Re, è presentata secondo lo schema delle due nature: il Cristo è l’Uomo-Dio. Che Cristo sia re in quanto è Dio, non vi può essere dubbio e non ha bisogno di dimostrazione. Come Dio egli è Re universale, perché tutte le creature dipendono in modo assoluto da Lui e per necessità di natura rimangono soggette alla di Lui provvidenza che le regge e governa. Ma Cristo è re anche perché uomo. Tale elemento della regalità è senza dubbio più complesso, da articolarsi in vari aspetti e sfaccettature.
“Cristo Uomo e Re: La Missione Divina e il Potere Redentore”
È necessario rivendicare a Cristo uomo – e uomo nel vero senso del termine – il nome e il potere di Re come uomo, come altro Adamo, come vittima d’amore, inviato dal Padre per redimere l’umanità, Egli ha ricevuto dal Padre la potestà, l’onore e il Regno. Ce lo attestano una lunga serie di testi scritturali di insegnamenti dei Santi Padri, ma soprattutto ce lo attesta ciò che Gesù Cristo stesso ha detto a noi della sua missione divina.
Questa umanità di Cristo, che gode del «Nome e potere di Re», occupa un posto importante: essa si situa, in un certo modo, al centro dell’universo perché è il punto di congiunzione tra l’umano e il divino: il Verbo è per natura uguale al Padre; quando si è incarnato e fatto uomo ha elevato la natura umana allo stato soprannaturale e ha reso possibile che l’uomo si unisse al Padre; Gesù discende dal Padre all’uomo, per risalire dall’uomo al Padre. L’uomo sale dalla sua natura a Cristo, per salire con Cristo al Padre.
Il punto di congiunzione – allora – tra le due ascese, come tra l’umano e il divino, è sempre l’umanità di Gesù Cristo. Il motivo della dignità regale dell’umanità di Cristo consiste quindi proprio nel fatto che è l’umanità del Verbo incarnato: l’unione ipostatica fonda l’eccellenza dell’umanità di Cristo, che è il punto di unione tra l’umano e il divino.
I segni della regalità per Cristo
La Regalità di Cristo ha un trono inconsueto: una Croce. I segni della Sua regalità sono le piaghe e le sofferenze, sono le trafitture della sua carne, il costato aperto, il sangue che Egli versa su di noi, suoi figli, suoi “sudditi”, per salvarci, per redimerci, per riscattarci; il suo trono è la Croce; la sua corona è la corona di spine.
Gerusalemme è il “centro del mondo” e Cristo ha posto il suo trono al centro della terra per indicare che proprio la Croce – suo trono – è il metro che misurerà il mondo alla fine dei tempi.
La regalità d’amore: Cristo, Re d’amore.
La Croce è un tutt’uno con la Resurrezione che redime il mondo e insieme glorifica il Figlio di Dio. Da ciò si comprende anche che non è il peccato a determinare l’Incarnazione – Dio non manda suo Figlio in ragione del peccato – ma piuttosto il segno della gloria del Padre.
Dopo il peccato, l’Incarnazione diventa Redenzione, e ne è massima espressione quel Dio confitto in croce che rende accessibile alla impotenza radicale della Sua creatura quella somiglianza con Lui che solo l’amore può realizzare. Ecco dunque, la Regalità di Cristo è – in fondo – regalità d’amore. Amore donato gratuitamente fino alla morte per la salvezza del mondo.
Prof. Cristian Lanni
[1] Pius PP. XI, Lettera Enciclica de Festo Domini Nostri Iesu Christi Regis constituendo: Quas Primas, diei 11 decembris 1925, in AAS, XVII (1925), 593.
[2] cfr. Yves Chiron, Pio XI. Il papa dei Patti Lateranensi e dell’opposizione ai totalitarismi, Roma 2006, 165.
[3] cfr. G. Di Napoli, Il Proprium de Tempore e l’anno liturgico nel Messale di Pio V in Celebrare con il Messale di san Pio V, Padova 2008, 89.
[4] L’espressione “Regno sociale del Sacro Cuore” è coniata, intorno al 1870, dal gesuita francese Henri Ramière, allora professore di filosofia del diritto all’università cattolica di Tolosa.
[5] cfr. Is 33,22. [6] Gv 14,15.