Oggi, Natale del Signore, ospitiamo la riflessione del ministro provinciale dei frati minori Cappuccini delle Marche, fra Sergio Lorenzini, che ci guida alla scoperta del vero potere di Dio.
Volere è potere
Nel più recente libro dell’Antico Testamento, il libro della Sapienza, composto ad Alessandria d’Egitto negli ultimi decenni del I sec. a. C., l’autore, che riflette sulla pazienza e sulla moderazione che Dio usa nel correggere gli uomini, si interroga: «Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio?» (Sap 11,21). La frase ben s’adatta a essere proposta per una riflessione natalizia che abbia per tema il senso del potere di Dio.
La potenza diventa onnipotenza quando è attributo di Dio, cioè la capacità di governare il mondo e di operare tutto ciò che vuole. È il Signore che ha creato il cielo e la terra, è lui che tiene in mano le redini della storia, a lui nessuno può opporsi perché dinanzi alla sua potenza «tutto il mondo è come polvere sulla bilancia» (Sap 11,22).
Al termine della sua vicenda, il tribolato Giobbe apprende e costata: «comprendo che puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile» (Gb 42,2); l’angelo, annunciando a Maria la maternità della sua parente Elisabetta, vecchia e sterile, proclama che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37); e, dinanzi al cruccio di Caron dimonio nel veder Dante peregrinare nel regno dei morti, Virgilio se ne esce con la celebre sentenza: «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole». Tutto ciò per dire che in Dio, a differenza dell’uomo, volere e potere coincidono.
Il potere come dono di sé
Ma – ed è proprio qui che il Natale ci invita a un capovolgimento di prospettiva – occorre guardarsi dal proiettare in Dio l’uso improprio che l’uomo fa del potere, come se si trattasse semplicemente di aumentarne la proporzione in riferimento alla grandezza del soggetto; non è questione di quantità ma di qualità! Se per l’uomo, infatti, l’uso del potere è finalizzato all’affermazione di sé, in Dio, al contrario, esso spinge alla donazione di sé. Per questo san Paolo dice di Cristo che «svuotò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2,7), fino al punto di spezzare il pane del suo corpo e di versare il vino del suo sangue per la salvezza dell’uomo. Gesto non da intendersi come un atto estemporaneo di Dio, ma come trasparenza della sua identità.
Dio, dirà Francesco d’Assisi, non si fa umile, ma «è umiltà», e così si svela al mondo nel bambino Gesù come nel Cristo crocifisso: scevro di potere, debole, disarmato e consegnato nelle mani dell’uomo; gesto di tale sublimità da risultare inconcepibile e scandaloso all’intelligenza umana.
L’onnipotenza divina, dunque, non è arbitraria ma è illuminata dalla paternità di Dio. È dal cuore di Padre che la sua potenza ne riceve la qualità: «Sarò per voi un padre, e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipontente» (2 Cor 6,18). E per renderci figli ci dona il suo Figlio, perché uniti a lui riconquistiamo la nostra dimensione più intima e vera, quella filiale. Quando a Natale sosteremo davanti ai presepi di questo mondo, contempliamo con san Francesco il Bambino di Betlemme e in lui scopriremo il vero potere di Dio: l’amore!
fra Sergio Lorenzini