Il 19 Luglio di 29 anni fa Paolo Borsellino, giudice palermitano, perse la vita in un attentato, insieme agli agenti della sua scorta.
Non considerava il suo un semplice mestiere, ma una vera e propria missione, in cui credette fino al sacrificio estremo. Si batté con tutte le proprie forze per combattere la mafia, uno dei più grandi mali che affliggono la società.
Conosciamo bene la sua tenacia e il suo coraggio indomito; tuttavia si parla un po’ meno della sua fede. Borsellino infatti era un fervente cattolico e fece di Gesù Cristo il suo modello di vita. Riporto nell’articolo una parte dell’intervista a Don Cesare Rattoballi, rimasto vicino al giudice negli ultimi mesi di vita.
Per conoscere meglio l’uomo e il magistrato, Paolo Borsellino
D: Quale esempio ha lasciato Paolo Borsellino?
R: Paolo era profondamente credente, ed era quella peculiarità che guidava la sua vita. Non tralasciava mai di partecipare alla Messa della domenica. Il suo rapporto con la fede gli ha permesso di avere quella capacità di sensibilità verso gli altri. Ciò aveva inciso in lui il grande rispetto per la persona. Rispetto che emerge da tante testimonianza di coloro che gli sono stati accanto, e da quelli che incontrava occasionalmente.
D: È noto che avesse anche un particolare rapporto con l’Eucaristia…
R: Il suo rapporto con l’Eucarestia l’ho appreso da diversi uomini della sua scorta. Quando lui si trovava fuori Palermo, specialmente nei giorni festivi, non dimenticava mai di partecipare alla Messa. Perché ai suoi “angeli” diceva “andiamo a Messa”. E alcune volte i suoi uomini di scorta gli dicevano: “Dottore, questa domenica lasci stare!”. E lui rispondeva: “Io ho un appuntamento!”. Quando Paolo fu ucciso, alcuni di loro mi dissero: “Ora comprendiamo da dove traeva il coraggio e l’amabilità”.
D: Quale valore aveva la famiglia per Paolo Borsellino?
R: Paolo aveva tante coppie di amici. Mi viene da dire che Paolo facesse “il consulente matrimoniale”. Diverse di queste coppie si confidavano con lui. Lui le ascoltava e dava loro consigli positivi per la loro unione e per la loro vita familiare. Cercava di tenere unite le famiglie, perché ne conosceva il valore inestimabile. Nella famiglia d’origine apprese l’importanza del dialogo che ha formato Paolo alla capacità di ascolto, confermata da tante testimonianze e, soprattutto, dalle persone che interrogava per le indagini.
Nel trigesimo della morte di Giovanni Falcone, don Rattoballi chiese a Paolo di parlare a 5000 giovani dello scoutismo Agesci giunti a Palermo da tutta Italia. Disse: – “Assieme a lui abbiamo scelto di scrivere un messaggio all’interno del testimone che avremmo affidato loro: le beatitudini del Vangelo di Matteo – Capitolo quinto, dal versetto uno al versetto 12 -. Paolo era affascinato da questa magna carta del cristiano, dove lui si rispecchiava. Ma in modo particolare mi piace citare i versetti 6 e 10: 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 10 Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.”
D: Secondo lei, quanto questi due versetti rispecchiano la storia e la vita di Paolo Borsellino?
R: Paolo, in particolar modo, in essi rispecchiava la sua scelta non solo professionale, ma anche la sua scelta vocazionale di magistrato, che svolgeva con competenza e con molta passione. Aveva diversi contatti con i giovani, che gli scrivevano, e lui rispondeva loro. Mi diceva che è questa la strada vincente: parlare ai giovani, per formare le coscienze delle nuove generazioni, e formarli a non avere compromessi con la vita criminale o mafiosa. Quindi, possiamo rifarci alle parole di san Giovanni Paolo II, e cioè che, tra i martiri della giustizia e indirettamente della fede, potremmo – anzi, dovremmo – annoverare Paolo Borsellino.
Il giudice, venuto a conoscenza del fatto che in città fosse arrivato il carico di tritolo con cui l’avrebbe ucciso la mafia, il 17 Luglio chiese a don Rattoballi di confessarlo.
Aveva un grande amore per il Signore e, se si doveva presentare dinanzi a Lui, voleva farlo con una coscienza purificata. La sua fede in Cristo gli dava la forza d’affrontare questo martirio, come anche il suo credo nel valore della giustizia.
D: Che cosa ha generato la morte di Borsellino?
R: C’è stata una rivolta della società civile. Si è sviluppata la denuncia del pizzo, l’impegno di tanti
per la legalità, dalle scuole all’associazionismo. Avendo avuto modelli come Falcone e Borsellino,
alcuni giovani sono entrati in magistratura o si sono impegnati nel sociale. È stata la reazione che
Paolo auspicava.
A Maggio 2021, all’interno di un progetto della Fondazione Falcone in collaborazione col Ministero
dell’Istruzione, sono stati realizzati murales su due palazzi adiacenti, coi volti di Borsellino e Giovanni Falcone, suo compagno di battaglie. Il monumento, opera dello street artist Andrea Buglisi, prende il nome di “Porta dei giganti” (superfluo spiegare il perché di questo nome) e si trova a poca distanza dall’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, dove si svolse il noto maxiprocesso.
Giovanna Bisconti
Il suo ultimo articolo per noi: https://www.legraindeble.it/cristo-pio-pellicano/