La storia del primo giudice: Otniel
Brutti, sporchi, cattivi. E politicamente scorretti (almeno per i tempi nostri). Molti di loro perpetrano angherie di ogni tipo, compiono omicidi (addirittura nella loro stessa famiglia) ed esecuzioni, innescano e portano avanti guerre e guerriglie. Sono vendicativi, idolatri, viziosi, stupratori. Parlo dei personaggi che riempiono le pagine del Libro dei Giudici.
Abbiamo iniziato questa rubrica in modo inconsueto, con due riscritture su Eud, il secondo dei giudici e uno dei migliori, soprattutto se confrontato con gli ultimi. Ho fatto questa scelta per offrire, fin da subito, un assaggio dell’atmosfera che si respira in questo scritto, poco conosciuto e raramente letto. Il racconto di Eud si conclude con un’annotazione: «Così in quel giorno Moab fu umiliato sotto la mano d’Israele e la terra rimase tranquilla per ottant’anni» (Gdc 3,30).
A questo punto, prima di iniziare dal principio, occorre inquadrare il periodo in cui si colloca il libro. Il popolo di Israele, dopo aver vagato per 40 anni in Egitto, conquista finalmente la Terra Promessa e la spartisce tra le 12 tribù. Canaan, però, è abitata da altre popolazioni. E son problemi. Alcune tribù si liberano dei precedenti abitanti, altre trovano il modo di conviverci: «I figli di Beniamino – tanto per fare un esempio – non scacciarono i Gebusei che abitavano Gerusalemme, perciò i Gebusei abitano con i figli di Beniamino a Gerusalemme ancora oggi» (Gdc 1,21).
Gli israeliti sono circondati da popolazioni ostili, come i Cananei, i Filistei, i Madianiti e gli Ammoniti, che non si rassegnano a farsi da parte. Pur senza fare semplicistici parallelismi storici, è difficile non pensare all’attuale situazione dello Stato di Israele e ai suoi tesissimi rapporti con le altre popolazioni del medio oriente.
In quel contesto politicamente, socialmente e soprattutto religiosamente complesso, entrano in scena i giudici. La parola “giudice” non deve però trarre in inganno. Non si tratta soltanto di un magistrato incaricato di amministrare la giustizia, quanto piuttosto di un leader, un governatore o, meglio ancora, un liberatore.
La missione di Otniel
Ma veniamo finalmente al primo dei giudici, Otnièl. La sua missione è presentata al capitolo 3 con una premessa che diverrà un ritornello ricorrente durante tutto il periodo che precede la monarchia:
«Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore; dimenticarono il Signore, loro Dio, e servirono i Baal e le Asere. L’ira del Signore si accese contro Israele e li consegnò nelle mani di Cusan-Risatàim, re di Aram Naharàim. Gli Israeliti furono servi di Cusan-Risatàim per otto anni. Poi gli Israeliti gridarono al Signore e il Signore fece sorgere per loro un salvatore, Otnièl, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, e li salvò».
Quel che vale per Otnièl vale per tutti, anche se non tutti saranno all’altezza della loro vocazione. Lo schema si ripete in modo molto simile: Israele restando a contatto con altri popoli ne assimila non solo le usanze, ma anche i culti idolatri. Quindi Dio si allontana facendo mancare loro la sua protezione. A questo punto i popoli vicini iniziano a mettere in difficoltà e a vessare gli israeliti che, non vedendo più altre vie di uscita, tornano a rivolgersi al loro Dio. Questi, mosso a pietà, manda un giudice a liberarli dai nemici.
Il personaggio di Otnièl (il cui nome significa “forza di Dio”) viene tratteggiato fin dall’inizio del libro, lasciando emergere il profilo di un uomo valoroso e determinato. Nel capitolo primo apprendiamo il modo avventuroso in cui “vince” la moglie. La tribù di Giuda, cui Otnièl appartiene, ha preso d’assedio la città di Kiriat-Sefer che pare essere piuttosto ben difesa, tanto che Caleb promette: «A chi colpirà Kiriat-Sefer e la prenderà io darò in moglie mia figlia Acsa» (Gdc 1,13). Otnièl riesce nell’impresa e porta a casa non solo la moglie, ma anche un pezzo di terra e una fonte d’acqua che Acsa ottiene dal padre.
La narrazione della sua azione liberatrice, al capito terzo, si risolve in pochi versetti: «Lo spirito del Signore fu su di lui ed egli fu giudice d’Israele. Uscì a combattere e il Signore gli consegnò nelle mani Cusan-Risatàim, re di Aram […]. La terra rimase tranquilla per quarant’anni, poi Otnièl, figlio di Kenaz, morì» (Gdc 3,10-11).
Questo è tutto quanto viene detto di lui. Il Libro dei Giudici sarà molto più generoso con i suoi successori.
Per riflettere…
Apparentemente questi racconti sembrano non offrire particolari spunti per la vita cristiana e tanto meno per un cammino spirituale. Si fatica perfino a leggerli come autentica Parola di Dio. Invece scopriremo che racchiudono una loro teologia e una saggezza profonda. Tanto per cominciare ci dicono che siamo chiamati a vivere la nostra vocazione non in un mondo perfetto e pulito, ma in contesti complicati, sporchi, spesso ingiusti e anche violenti. Eppure anche in questi contesti è possibile ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio. Come Otnièl che non si fa troppe domande, ma si lascia guidare dallo Spirito del Signore e, pur in una situazione politica molto precaria, garantisce alla sua tribù 40 anni di pace. Che non è poco.
Patrizio Righero