“O Croce, unica speranza, abbraccio al Cielo e agli abissi…”: in queste poche parole di un inno che viene cantato nella liturgia quaresimale è custodito il senso profondo che con la passione e la morte di Gesù la croce ha assunto, passando dall’essere patibolo per i malfattori a via di liberazione e di salvezza per ogni uomo. Simbolo dell’abbraccio appassionato e tenero di Dio a ciascuno di noi, con tutto ciò che siamo, fino all’abisso della nostra solitudine, delle nostre paure, del nostro male, della nostra lontananza da Lui. Abbraccio del Dio innamorato della sua creatura umana, dove scaturisce la sola vera nostra speranza.
“Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce” ha scritto Karl Rahner. E noi rimaniamo lì, ai suoi piedi, a contemplare il mistero più sconfinato, per sperimentarne la sconvolgente potenza rigenerante l’universo e la storia. La croce è l’innesto del cielo dentro la terra, il punto dove l’amore assoluto ed eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco e divampa ovunque, lungo tutti i secoli. Commozione, stupore, gratitudine, innamoramento ci prendono le viscere in questa contemplazione.
Gesù inchiodato alla croce, il suo corpo ne prende la forma. Impotente, lacerato nella carne e nello spirito, schernito: ecco, questa è l’espressione più elevata dell’amore, che ha il potere di trasfigurare il fallimento e la sofferenza, di vincere il male e la morte, per sempre. Paradossalmente, è l’impotenza totale di Gesù crocifisso che manifesta più radicalmente la potenza del suo amore. Per questo amore ha donato tutto se stesso per ciascuno di noi. Ogni persona, io, tu… possiamo dire: “Ha dato se stesso per me, a me”.
Gesù sta immobile con le braccia spalancate e le mani fissate al legno con i chiodi: eccolo, si mostra disarmato e impotente, nell’atteggiamento dell’abbandono, della consegna al Padre e a ciascuno di noi. Consegna il suo spirito ad ognuno di noi, la sua forza vitale. “È in questo amore rivelato sulla Croce che è possibile riconoscere e indicare a tutti – credenti e non credenti in ricerca – la bellezza che salva e che si offre come luce e forza anche nel frammento frastornante e dolorante del nostro presente” (Carlo M. Martini).
Gesù si è consegnato in sacrificio affinché quel suo volto umano sfigurato dal dolore ridonasse la bellezza originaria perduta al nostro. “Il sacrificio non è distruzione, il sacrificio è la pietra miliare di ciò che verrà” (Carl G. Jung). Questo è vero più che mai per il sacrificio compiuto sulla croce dal Figlio del Dio vivente fatto uomo. Da esso tutto ciò che esiste, soprattutto la vita, la nostra vita, ha ricevuto la rivelazione piena del suo senso: avere origine e destino nell’Amore. Tutto è stato così rinnovato e lo sarà continuamente.
La passione e la morte che Gesù ha vissuto non le ha subite, non ha subito il sacrificio della croce. Ha accolto tutto, come scelta frutto della sua grande libertà. Per amore ha rischiato tutto di sé, conoscendo le conseguenze di quello che faceva e ci è stato dentro, nessuno gli ha strappato qualcosa, nessuno gli ha tolto la vita. Lui l’ha donata, in piena libertà, per donarci libertà, vita, amore assoluto. Lì, sulla croce. In questa sua libertà di respira già il preannuncio della risurrezione.
Soren Kierkegaard ha scritto che se ci si mette sul serio accanto alla sua croce, bisogna farlo nella situazione della contemporaneità; e ciò che altro significa se non di dover soffrire realmente con Cristo? Diventare suoi contemporanei è far spazio quotidianamente alla sua presenza di misericordia capace di curare ogni sofferenza, di dare speranza ad ogni prova, di sostenere in ogni dolore. Così il nostro cuore si fa un po’ più simile al suo, e diventiamo segno e strumento della sua tenerezza nel nostro oggi per ogni persona che incontriamo in qualche modo sul sentiero della nostra vita, soprattutto per chi è particolarmente segnato dal sigillo della croce.
Lo spazio per la contemplazione di Gesù crocifisso è lo spazio dove si incarna e si esperimenta l’amore che, colmandoci in sovrabbondanza, trabocca poi nel cuore di altri.
Marta Bergamasco
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La meditazione al primo giorno di questo Triduo, Giovedì Santo: “Capite quello che ho fatto per voi di Paolo Spina.