Abbiamo già visto come il tempo di Avvento sia fortemente caratterizzato da una netta impronta mariana nel precedente articolo (QUI), ma questo avvento che ci apprestiamo a vivere o che stiamo vivendo, a seconda dell’essere romani o ambrosiani, ci deve poter preparare anche ad un altro evento – oltre al Natale del Signore – che è il Giubileo che avrà inizio proprio con la celebrazione della notte di natale.

A tal proposito ancora una volta Maria si fa icona della pellegrina nella fede.

La Madonna della Misericordia’ di Hans Klemer in Casa Cavassa (Saluzzo, CN)

In cammino

Nella narrazione evangelica una delle caratteristiche di Gesù nettamente percepibili è il suo essere in cammino. Egli nasce per la via, da neonato deve viaggiare per rifugiarsi in un paese straniero, negli anni di predicazione si sposta con ritmo incalzante, passando da un villaggio all’altro, di città in città, dai luoghi deserti alle piazze, dalla casa alla sinagoga, dalla strada alla campagna, dalla riva del mare alla montagna: quando si avvicina «l’ora di passare da questo mondo al padre» [9] prende «la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme» [10]. Egli stesso è «la via» [11]. Con un seguimi coinvolge molti a mettersi in cammino insieme a lui: anche dopo la sua morte, i suoi discepoli vengono riconosciuti come «quelli della via» [12]. Pietro ha colto bene l’identità del maestro quando l’annuncia con questa frase sintetica: «Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti» [13]. L’immagine che ha affascinato i primi convertiti al cristianesimo è quella di un Gesù che cammina guidato dallo Spirito Santo e facendo del bene dove passa. Sua Madre gli assomiglia in questo: l’immagine di Maria in cammino emerge nitida nei vangeli ed è sempre stata feconda di riflessione lungo la storia della Chiesa. Maria si trova spesso sulla via; esce, cammina, si sposta molto di più delle donne del suo tempo. I suoi movimenti tra Nazaret, Ain Karim, Betlemme, Gerusalemme, Egitto sono accompagnati da un dinamismo interiore ben più intenso. Tutta la sua vita è un cammino, una «peregrinazione della fede» [14]. La mariologia conciliare mette in rilievo questa peregrinazione di Maria, riconoscendo in essa un modello permanente per tutta la Chiesa. Non solo. Maria stessa è via, via che conduce a Cristo, via che porta a «la Via». È la ὁδηγήτρια, come abbiamo già visto e come bene raffigurata nell’iconografia.

L’Annunciazione di Olivuccio di Ciccarello

Dal “come” al “sì”

Prendendo primariamente in considerazione il momento dell’annuncio vediamo come Maria, inizialmente non acconsenta nell’immediato. È solo in una ideale terza tappa che presta il suo assenso. Il primo elemento, la prima reazione è lo stupore e il turbamento. In secondo luogo la Vergine pone la domanda Quomodo fiet istud?, ecco il come che Ella si domanda e domanda all’Angelo manifestando il dilemma del suo voler acconsentire, ma non sapere come. Ella domanda a Dio che cosa dovrà fare per essere in grado di obbedire. Lo spirito di Maria è come quello del salmista quando prega Dio dicendo: «Fammi conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò le tue meraviglie» [15]. Dopo che l’Angelo le ha assicurato che è lo Spirito che dilata la sua piccolezza, la potenzia e l’abbellisce, Maria accetta con piena disponibilità, passando così dal quomodo fiet, al fiat. Il fiat di Maria, come quello insegnatoci da Gesù nel Padre nostro è un abbandono fiducioso e un desiderio gioioso di realizzare la volontà di Dio. Con il suo fiat ella ricapitola in sé tutta la schiera degli obbedienti nella fede dell’Antico Testamento e inaugura il nuovo popolo, pronto ad ascoltare la voce di Dio che ora, nella pienezza del tempo, parla per mezzo del suo Figlio.

Due annunci a confronto

La dinamica del cammino interiore di Maria risulta ancor più chiara se si prende in considerazione il confronto intenzionale fatto da Luca tra due annunciazioni, le due annunciazioni del Nuovo Testamento, ovvero se si confronta l’atteggiamento di Maria con quello avuto da Zaccaria. Il Sacerdote, anziano e stimato, uomo giusto, rappresentante ideale della religiosità veterotestamentaria, incontra l’Angelo in Gerusalemme, nel tempio, durante il culto. Tutto nel racconto evangelico sottolinea la sacralità e la solennità dell’evento. Maria, invece, una sconosciuta ragazzetta di Nazaret, città disprezzata, da cui non potrebbe venire niente di buono [16], incontra l’angelo nella quotidianità semplice e domestica. Ma Dio capovolge le posizioni. L’angelo entra «da lei»: è Maria, in realtà, il tempio dell’Altissimo. Ella «ha trovato grazia presso Dio», il dono divino giunge a lei gratuitamente, non a causa della sua osservanza della legge o in risposta alla sua preghiera di domanda, come è nel caso di Zaccaria. Anche la conclusione dei racconti è diversa: Zaccaria si chiude nel suo mutismo, isolato, perché chi non prende parte di tutto cuore al disegno di Dio e non si lascia coinvolgere con passione non può nemmeno parlarne. Maria invece crede, si apre e diventa collaboratrice di Dio nel salvare il mondo. Nella tradizione iconografica Maria è spesso raffigurata come la “più ampia”, la piccolezza che ospita l’infinito. Colui che i cieli non possono contenere prende dimora nel suo grembo. È lo Spirito che la rende più ampia, la feconda, la ricolma di grazia, la carica di dinamismo e passione. Lo si vede dal fatto che all’episodio dell’annunciazione si aggancia in continuità quello della visitazione. All’espressione: «l’angelo partì da lei», segue immediatamente: Maria «si mise in viaggio» [17].

Visitazione (XIII secolo) di Lorenzo Maitani 

Pellegrina della gioia

Maria porta gioia e speranza. Dalla Galilea alla Giudea Ella percorre lo stesso tratto di strada che più tardi farà Gesù. Camminando in fretta sui monti, evoca il celebre testo profetico: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di un lieto annuncio…» [18]. La buona novella portata da Maria emana gioia contagiosa, fa esultare un bambino nel grembo materno, rende felici due anziani. «I giovani e i vecchi gioiranno. Io cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici» [19]. Lungo tutta la sua vita Maria continua a moltiplicare e a diffondere dappertutto la gioia pura di cui ella è inondata, quella gioia scaturita dal saluto dell’angelo «Rallegrati Maria» e resa più intima e profonda dal suo fiat. Alla nascita di Gesù questa gioia si estende ai pastori di Betlemme attraverso l’annuncio dell’angelo: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» [20]. Portando Gesù nel tempio Maria fa ancora trasalire di gioia l’anziano Simeone e la profetessa Anna. A Cana, poi, la gioia non viene a mancare al banchetto delle nozze grazie all’intercessione di Maria presso il suo Figlio. A Maria, portatrice della Buona Novella e madre del Dio della gioia, si potrebbe applicare la parola del salmista: «Al tuo passaggio stilla l’abbondanza […], tutto canta e grida di gioia» [21]. Dal fiat al magnificat diventa, quindi, l’itinerario esemplare di ogni cristiano che compie il suo pellegrinaggio della fede passando dall’adesione iniziale al progetto di Dio al pieno godimento della bellezza di questo progetto, attraverso una graduale «salita»: il servizio, la gratuità del quotidiano, l’andare con sollecitudine verso chi ha bisogno, l’incontro di amicizia, lo sforzo missionario nel portare Gesù in casa altrui, l’annunciare la buona novella con gioia suscitando gioia di salvezza nella gioventù che si apre alla vita.

Nozze di Cana, particolare di un mosaico del Duomo di Napoli

Dal “fiat” al “facite”

Maria è diventata Madre di Dio perché ha «creduto nell’adempimento delle parole del Signore» [22]: è l’interpretazione del fiat di Maria fatto da Elisabetta, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. A lei fa eco Agostino quando afferma che Maria ancor prima di aver concepito il Cristo nel grembo l’ha concepito nel suo cuore, nella fede. Alla pienezza di grazia da parte di Dio corrisponde la pienezza di fede da parte di Maria. Abbandonata a Dio completamente, impegnata nell’avanzare costantemente nella «peregrinazione della fede», Maria si è sintonizzata lentamente e profondamente con Dio. Per la sua viva fede ella arriva a una forte intesa con lui, a un acclimatamento di tutto il suo essere alla sfera divina, riesce ad avere una profonda intuizione del pensiero di Dio, a saper discernere spontaneamente la sua volontà, a sentir palpitare dentro di sé il cuore di Dio. La Lettera agli Ebrei, elogiando la fede degli antenati di Israele, dice di Mosè che visse «come se vedesse l’invisibile» [23]. Così Paolo, avendo raggiunto un grado di unione con Cristo da poter dire «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» [24], afferma senza retorica e senza vanto: «Noi abbiamo il pensiero di Cristo» [25]. Tutto questo può essere detto di Maria. A Cana di Galilea la troviamo così, semplice, discreta, fiduciosa accanto al suo Figlio, sicura di essere esaudita perché intimamente sintonizzata con lui. A Cana Maria riveste un ruolo profetico. È «portavoce della volontà di Dio, indicatrice di quelle esigenze che devono essere soddisfatte, affinché la potenza salvifica del Messia possa manifestarsi». [26] Le due parole pronunciate da Maria a Cana: «Non hanno più vino» [27] e «Fate quello che vi dirà» [28] mettono in risalto questa dimensione. Maria legge in profondità la storia umana, ne individua i problemi ancora nascosti, raccoglie i gemiti non ancora verbalizzati, scorge la sofferenza ancora senza nome. Ella scopre il nodo essenziale del guazzabuglio e lo presenta al suo Figlio, l’unico che lo può sciogliere. E intanto prepara i servi all’accoglienza dell’aiuto divino con un’indicazione sicura. «Fate quello che egli vi dirà» è una tra le poche espressioni pronunciate da Maria nel Vangelo, l’unica indirizzata agli uomini, che, per questo, a ragione, viene considerata il comandamento della Vergine. È anche l’ultima parola sua registrata nel Vangelo, quasi un testamento spirituale. Dopo questo Maria non parlerà più; ha detto l’essenziale aprendo i cuori a Gesù, lui solo ha «parole di vita eterna» [29]. In questa espressione di Maria si percepiscono gli echi della formula dell’alleanza sinaitica. A conclusione dell’alleanza il popolo promette: «Quello che il Signore ha detto, noi lo faremo» [30]. Maria non solo personifica Israele obbediente all’alleanza, ma è anche colei che induce all’obbedienza, ormai non più all’alleanza, ma a Gesù, da cui prende inizio una nuova alleanza e un nuovo popolo. Ciò emerge con maggior evidenza se si legge questa parola di Maria in parallelo con le ultime parole di Gesù Risorto nel Vangelo di Matteo: «Fate discepoli tutti i popoli […] insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» [31]. Maria conduce, dunque, a seguire Gesù, a obbedire alla sua parola e a considerarlo come riferimento assoluto. Ella aiuta a formare la comunità nuova di Gesù. Il «Fate quello che egli vi dirà» pronunciato da Maria non è un invito teorico, astratto, ma è un’esortazione maturata dalla sua esperienza personale. La parola raggiunge il cuore e la vita dell’interlocutore solo se è scaturita dal cuore e dalla vita di chi parla. Maria, esperta nel fidarsi della parola di Dio, ora può aiutare altri a fare altrettanto. La sua fede è “contagiosa”: il fiat da Lei vissuto in profondità diventa un facite convincente rivolto ad altri. Dal fiat al facite: solo una profonda intesa con Dio e una saggia comprensione della realtà del mondo possono dare efficacia alle nostre parole e azioni.

[9] Gv 13,1.

[10] Lc 9,51.

[11] Gv 14,6.

[12] At 9,2.

[13] At 10,38.

[14] Lumen Gentium, 58.

[15] Sal 119,27.

[16] cfr Gv 1,46.

[17] Lc 1,38-39.

[18] Is 52,7.

[19] Ger 31,13.

[20] Lc 2,10.

[21] Sal 65, 12-14.

[22] Lc 1,45.

[23] Eb 11,27.

[24] Gal 2,20.

[25] 1Cor 2,16.

[26] Redemptoris Mater, n. 12.

[27] Gv 2,3.

[28] Gv 2,5.

[29] Gv 6,68.

[30] Es 19,8; 24,3.7; Dt 5,27.

[31] Mt 28,19.

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