Seconda puntata con Francesco Pacia per la rubrica Scribi del Mistero, prosegue l’analisi delle quattro vite di Archie Ferguson dal romanzo 4 3 2 1 di Paul Auster. Buona lettura!

Un romanzo che parla di noi

4 3 2 1 è un romanzo, che in fondo parla di noi. Delle nostre domande su come sarebbe stata la nostra vita se le cose fossero state diverse, se a quel bivio avessimo preso l’altra strada, se gli eventi si fossero combinati in un modo altrettanto possibile.

La storia delle tante versioni di noi, non meno reali, non meno vere. Delle alternative che fanno parte di noi, ci visitano nei sogni, ci inseguono nei momenti di dubbio, quando teniamo bassa la guardia e davanti agli eventi belli o meno ci attanagliano con domande – come sarebbe stato se? –  o ci riconciliano con intuizioni pacificanti: alla fine è stato meglio così.

E anche se noi dobbiamo fare i conti solo con quello che abbiamo scelto e ci è successo, abbiamo accolto o ci ha costretto, il bello del libro è che non sono meno veri gli scenari alternativi. Rimangono parallele possibili e reali, che hanno effetti non meno reali, come dice quasi alla fine del romanzo, quando si svela la chiave di volta di tutta l’operazione…

La strada

Stava ancora percorrendo le strade che aveva immaginato a quattordici anni, ancora camminando sulle tre strade insieme a Lazlo Flute, e sempre, fin dall’inizio della sua vita consapevole, con la sensazione costante che i bivi e le parallele delle strade prese e non prese fossero tutti percorsi dalle stesse persone nello stesso momento, le persone visibili e le persone ombre, che il mondo effettivo fosse solo una piccola parte di mondo, poiché la realtà consisteva anche in quello che sarebbe potuto succedere ma non era successo, che una strada non fosse né meglio né peggio di un’altra, ma il tormento di vivere in un solo corpo stava nel fatto che dovevi essere sempre su una strada soltanto, anche se avresti potuto essere su un’altra, in viaggio verso un posto completamente diverso.

Momenti di svolta

Una lettura faticosa, ma bella. Profondamente consigliata a chi si trova in momenti di svolta, a un passo da una scelta importante o nella verifica di un cammino. Con la consapevolezza che a un certo punto gli Archie alternativi devono morire – e morire per mano dell’Archie vero.

Solo se siamo disposti a uccidere i fantasmi di noi, che agognano illusori scenari alternativi, e a smettere di fuggire nell’irreale, si potrà fiorire. Con tutto il dolore e la morte che ogni vera fioritura comporta.

Francesco Pacia

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