Dio si “lascia fare”
Nel giorno del Sabato Santo Gesù si nasconde, viene tolto ai nostri occhi, ma non può essere tolto dal nostro cuore. Chiuso nel sepolcro, lì “resta”, “è deposto”. “Essere deposto”… è il passivo di Dio, segno del suo continuo “lasciarsi fare” dagli uomini, il suo “consegnarsi” nelle nostre mani fino alla morte e oltre. Il Messia atteso supera e distrugge ogni nostra aspettativa trionfale, ma piuttosto si lascia deporre nelle nostre mani, perfino nel sudario. Eppure, in questo giorno, una silenziosa vittoria si prospetta all’orizzonte.
San Paolo si rivolge ai Corinzi a proposito della croce di Gesù come di uno “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani”: ma “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 1,25). Allo stesso modo, nel Sabato Santo Dio tace, ma il Suo silenzio è più eloquente di tutte le parole umane. È il giorno in cui è già stato detto e compiuto tutto l’amore per noi; a noi tocca ora restare, sperare e avere fede, come Maria, insieme a Maria.
Credere contro ogni speranza
Il sabato è il giorno dedicato a Maria, “primizia dei redenti”, “donna della Fede”. Durante questa Quaresima, padre Raniero Cantalamessa ha paragonato la fede di Abramo con la fede di Maria sotto la croce. Maria è come Abramo, che “credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli” (Rm 4,18): per la sua fede Maria è divenuta Madre della Chiesa! “Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: ‘Mediante Isacco avrai una discendenza’. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo” (Eb 11,17-19).
Quello che ad Abramo è stato risparmiato, cioè la morte del figlio, si è compiuto in Maria: donare il proprio figlio fino alla fine, elevarlo come un’ostia al Padre durante il suo personalissimo offertorio, ripetere il suo Fiat oggi come trentatré anni prima all’annuncio dell’angelo, ogni giorno della sua vita. Certa che quelle promesse che “sarà grande, chiamato Figlio dell’Altissimo” si erano già compiute nell’amore mostrato sulla croce; certa delle promesse di Dio, perché “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29); certa che possiamo anche mettere a tacere Dio, ma il suo amore verso di noi non può morire mai.
La vittoria silenziosa
Silenzio… Il Sabato Santo è il giorno della vittoria silenziosa di Dio sulla morte. È il tempo dell’attesa, come un secondo Avvento; è il tempo in cui attendiamo la risurrezione gloriosa. Il silenzio di Dio ci apre gli occhi sulla nostra personale storia di salvezza: chi sono veramente ai Suoi occhi? Cosa mi chiede di accogliere? Come Dio ha salvato la mia vita? Nel Credo diciamo “morì e fu sepolto, discese agli inferi”. Egli viene nei nostri inferi, nei momenti di sofferenza, di angoscia, di smarrimento, aiutandoci, con la Sua croce, a portare le nostre croci quotidiane, a vincere le mancanze di amore che portiamo nel nostro cuore.
Gesù non è più morto: egli è vivo, e ci tende la mano. È questa la vittoria quotidiana di Dio, l’opera di risurrezione nelle nostre vite: ci converte al suo sguardo. Viviamo queste ultime ore di attesa con Maria, vicini a lei, e sul suo Fiat deponiamo anche il nostro “sia fatta la tua volontà”. Con lei e con la sua speranza, vegliamo nell’attesa della Pasqua, giorno così vicino, “giorno radioso e splendido / del trionfo di Cristo” (dalla Liturgia delle Ore).
Uniti nella preghiera
Emanuela “Si naturale”
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