Ormai ogni rivista, ogni copertina reca con sé il mantra del “Vivi il tuo oggi” o anche “Vivi il tuo presente“. Non c’è nessun life coach che non ci ricordi l’importanza dell’attimo presente. Questa è una verità sacrosanta ed anche terapeutica perché spesso viviamo la nostra vita in avanti o indietro. Ma che significa ‘vivere l’oggi‘?

Godersi ogni attimo al massimo? Cavalcare l’onda impetuosa delle emozioni e delle occasioni? Vivere con intensità ogni minuto che passa sapendo che non tornerà indietro?

Non lo so, sicuramente c’è della verità e della bontà in queste opzioni ma il Vangelo di questa domenica mi induce a pensare che ci sia qualcosa di più profondo, di più impastato di esistenza.

Una speranza incarnata

Gesù legge un passo straordinario di Isaia, una profezia della tenerezza e della speranza. Un vero e proprio Vangelo:

mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

a proclamare l’anno di grazia del Signore”.

Ma tutto questo quando avviene? I poveri a me sembrano sempre poveri, se non di più; noi siamo sempre più prigionieri, sempre più ciechi, più oppressi.

Quale “Oggi”?

Allora qual è questo ‘oggi‘? E’ tutto finto, una bella favoletta? Diciamocelo, la tentazione è di dire , nulla di nuovo sotto il sole. In realtà, questo credo e vedo, il Regno di Dio che compie le promesse sopraesposte è già in atto, ogni giorno viene ed avanza. Dove? In noi! Guardiamo alla nostra storia, da quando abbiamo incontrato il Cristo: siamo più ricchi o più poveri? Più prigionieri o più liberi? Ci vediamo spiritualmente meglio o peggio?

A sera, magari stasera, nel silenzio delle nostre camere, poniamoci questi interrogativi per vedere se viviamo veramente il nostro Oggi o se aspettiamo la salvezza in un domani evanescente.

Paride

Ps. La meditazione della scorsa domenica, è qui: ascolta-tua-madre.

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