Nel ricordarvi l’ultimo articolo,(qui), continuiamo il nostro cammino alla scoperta dell’Eucarestia, oggi l’attenzione è sul prefazio.
Siamo in cammino verso la Pasqua. Attraversando la Quaresima, come popolo di Dio, siamo chiamati a rivivere il cammino di ri-torno al Padre, per lasciarci riconciliare dall’esperienza della misericordia.
In questo cammino penitenziale, è essenziale porre un’attenzione particolare alla celebrazione dei sacramenti, come luogo privilegiato e primario dell’incontro reale con la Trinità e i fratelli.
Proprio oggi, la preghiera colletta, così ci esortava:
“O Dio, che rinnovi il mondo con i tuoi ineffabili sacramenti, fa’ che la Chiesa si edifichi con
questi segni delle realtà del cielo e non resti priva del tuo aiuto per la vita terrena”.
Anche noi, immersi in questo cammino particolare, vogliamo continuare a meditare sulla partecipazione alla celebrazione eucaristica.
Il prefazio, ‘prima dei fatti’
Terminato l’offertorio con la Preghiera sulle Offerte, l’assemblea è invitata a rendere grazie attraverso il prefazio. Conoscere l’etimologia di questa parola ci aiuta anche a coglierne il significato: “prima dei fatti”. Esso, ci aiuta, ad entrare con il cuore alla preghiera del canone, al mistero sacramentale della passione, morte e risurrezione del Signore.
È composto essenzialmente da due parti, e si conclude con l’inno del “Sanctus”.
Nella prima parte c’è un dialogo tra il presidente della celebrazione e l’assemblea.
Dopo il saluto evangelico, il popolo viene invitato ad innalzare i cuori : “in altro i nostri cuori, sono rivolti al Signore”. È bellissimo questo invito. Siamo chiamati, in questo momento della celebrazione, a guardare il cielo, ad orientare il nostro cuore verso l’alto.
Tante volte i nostri cuori sono appesantiti dalla “terra” del mondo, il prefazio, invece, ci invita a rivolgere i cuori verso l’alto e verso l’Altro. Non certamente per dimenticare, per un breve momento, i problemi che ci affliggono, ma per orientare anche questi verso l’altare, trasformando tutto in eucaristia.
Il sacerdote, continua ad invitare l’assemblea celebrante, al ringraziamento: “rendiamo grazie al
Signore nostro Dio”. Rendere grazie è molto di più del semplice ringraziare, significa confessare, cioè riconoscere l’amore infinito di Dio, che supera il nostro peccato e, per questo, lodarlo. La stessa parola eucaristia, che viene dal greco, significa rendere grazie.
Quanto sarebbe preziosa la nostra vita e la nostra preghiera se dessimo più spazio al ringraziamento che alla lamentela.
Dopo la risposta gioiosa del popolo, il presidente della liturgia prosegue la preghiera, rivolgendosi direttamente al Padre, dando corpo al prefazio che si tinge con i colori della liturgia che si sta vivendo.
La preghiera del prefazio si conclude con la lode ed il canto, attraverso il “Sanctus”. Questa acclamazione, che è parte del prefazio, riprende due testi biblici: il canto dei Serafini rivolto a Dio, tre volte Santo (cfr. Is 6,3), e quello dei Cherubini che acclamano al Benedetto (cfr. Ez 3,12).
Gli angeli, e con loro i santi, riconoscono la grandezza e la santità di Dio, e cantano a lui.
In questo momento della celebrazione eucaristica la preghiera ci invita a unire alle loro voci le nostre, come fossimo un unico coro e una sola assemblea, creando una comunione che supera il tempo e la distanza. L’assemblea terrena si unisce con l’assemblea del cielo nell’inno di lode.
Fra Daniele Moffa