La nascita come miracolo

Initium ut esset homo creatus est. Così scriveva Agostino e così, da buona agostiniana di formazione quale era, ripeteva Hannah Arendt in quel gioiello che è la quinta parte di Vita activa (saggio dedicato alla condizione umana). Pagine gustosissime in cui la filosofa metteva a tema l’azione e il discorso.

A differenza di opera e lavoro, azione e discorso rappresentano il proprio dell’uomo e sono espressione della sua unicità e irripetibilità, entrate nella pluralità del mondo attraverso il miracolo ordinario e sempre unico della nascita, con la quale si dà nello spazio delle relazioni – unico luogo dove può darsi azione e discorso – la facoltà del cominciamento, la facoltà, cioè, di dare inizio a qualcosa di nuovo. Questa facoltà è la libertà stessa, che con l’uomo entra nel mondo, perché essa è propria e sola dell’uomo.

Agire iniziare

il miracolo della nascita

Agire, nel senso più generale, significa prendere un’iniziativa, iniziare (come indica la parola greca “archein”, «incominciare», «condurre», e anche «governare»), mettere in movimento qualcosa (che è il significato originale del latino “agere”). Poiché sono “initium”, nuovi venuti e iniziatori grazie alla nascita, gli uomini prendono l’iniziativa, sono pronti all’azione. “[Initium] ergo ut esset, creatus est homo, ante quem nullus fuit” («perché ci fosse un inizio fu creato l’uomo, prima del quale non esisteva nessuno», dice Agostino nella sua filosofia politica). Questo inizio non è come l’inizio del mondo, non è l’inizio di qualcosa ma di qualcuno, che è a sua volta un iniziatore. Con la creazione dell’uomo, il principio del cominciamento entrò nel mondo stesso, e questo, naturalmente, è solo un altro modo di dire che il principio della libertà fu creato quando fu creato l’uomo, ma non prima.”

Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana (parte V)

L’enfasi data al cominciamento e alla nascita è davvero singolare e segna la differenza della filosofia – femminile – della Harendt, da quella – prevalentemente maschile – concentrata sulla morte, di cui seppur erroneamente – essere-verso-la-morte non essere-per-la-morte! – si ritiene Heidegger uno degli esempi più significativi. Ma si sa, le semplificazioni sono sempre riduttive e falsanti.

Ad ogni modo, il fatto stesso che l’uomo nasca e possa iniziare qualcosa, per la filosofa ebraica, fa dell’iniziativa e dell’azione la facoltà più importante dell’uomo. Azione e discorso sono più che semplice atto o opera o lavoro. Sono possibilità di creare e ricreare il mondo, di creare relazioni.

Per questo le loro più alte espressioni sono la politica e la cooperazione da un lato, il perdono e la promessa dall’altro. In particolare queste due – capacità di ricreare il passato, guarendo dalla sua irreversibilità, e capacità di creare futuro, attraverso isole di certezza nel mare dell’imprevedibilità – esprimono al più altro grado il potenziale della libertà umana, capace di operare persino sull’irrimediabile e sull’ingestibile. E a Gesù di Nazaret Hannah Arendt riconosce il merito di avere inventato il perdono e ancora di aver chiamato giustamente miracolo l’azione incominciante dell’uomo.

Francesco Pacia

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