Riprendiamo lo scorso articolo (clicca qui), con alcune ultime riflessioni.

Azione incominciante dell’uomo

il miracolo della nascita

Il fatto stesso che l’uomo nasca e possa iniziare qualcosa, per la filosofa ebraica, fa dell’iniziativa e dell’azione la facoltà più importante dell’uomo. Azione e discorso sono più che semplice atto o opera o lavoro. Sono possibilità di creare e ricreare il mondo, di creare relazioni. Per questo le loro più alte espressioni sono la politica e la cooperazione da un lato, il perdono e la promessa dall’altro. In particolare queste due – capacità di ricreare il passato, guarendo dalla sua irreversibilità, e capacità di creare futuro, attraverso isole di certezza nel mare dell’imprevedibilità – esprimono al più altro grado il potenziale della libertà umana, capace di operare persino sull’irrimediabile e sull’ingestibile. E a Gesù di Nazaret Hannah Arendt riconosce il merito di avere inventato il perdono e ancora di aver chiamato giustamente miracolo l’azione incominciante dell’uomo.

Miracolo perché spezza la ferrea necessità del mondo e le leggi della mortalità, perché «gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire ma per incominciare»:

Se lasciate a sé stesse, le faccende umane possono solo seguire la legge della mortalità, che è la più certa e implacabile legge di una vita spesa tra la nascita e la morte. È la facoltà dell’azione che interferisce con questa legge perché interrompe l’inesorabile corso automatico della vita quotidiana, che a sua volta abbiamo visto interferire col ciclo del processo vitale biologico, e interromperlo. Il corso della vita umana diretto verso la morte condurrebbe inevitabilmente ogni essere umano alla rovina e alla distruzione se non fosse per la facoltà di interromperlo e di iniziare qualcosa di nuovo, una facoltà che è inerente all’azione, e ci ricorda in permanenza che gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire ma per incominciare.

Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana (parte V)

Il miracolo della nascita

In ultima analisi, la nascita, il fatto della natalità, proprio perché significa possibilità di un nuovo, unico e irrepetibile inizio, nuova possibilità dell’azione e del discorso di darsi nel mondo, è il miracolo, il miracolo ordinario che preserva il mondo.

Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, «naturale» rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire. È, in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l’azione di cui essi sono capaci in virtù dell’esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane fede e speranza, le due essenziali caratteristiche dell’esperienza umana che l’antichità greca ignorò completamente. È questa fede e speranza nel mondo che trova forse la sua più gloriosa e efficace espressione nelle poche parole con cui il vangelo annunciò la «lieta novella» dell’avvento: «Un bambino è nato per noi».

Hannah Arendt, Vita Activa. La condizione umana (parte V)

Francesco Pacia

Condividi questa pagina!