Note a margine dell’ultima ottava di Mandel’štam
Dallo spazio
Concludiamo con questo articolo il viaggio nella poetica di Osip Mandel’štam per la rubrica Scribi del Mistero. Leggiamo insieme l’ottava undici, poesia conclusiva del ciclo compositivo preso in considerazione (clicca qui per rileggere l’ultimo articolo).
E dallo spazio esco nel giardino
incolto delle grandezze,
strappo l’immaginaria costanza,
l’autoconsenso delle cause.
E il tuo manuale, infinità, io leggo
da solo, lontano dagli uomini:
selvaggio erbario senza foglie,
libro di problemi delle radici enormi.
Il primo verbo che si incontra leggendo i versi è esco. Da dove esce il poeta? E per andare dove? Il poeta esce dallo spazio, cioè dall’esperienza della terra, dalla struttura ontologica del vivere quotidiano. L’estraniazione dalla disgregazione spazio-temporale conduce il poeta in un luogo altro, potremmo dire in un oltre-luogo definito come giardino incolto delle grandezze. Cos’è, però, questo giardino?
Nel giardino incolto delle grandezze
Il giardino delle grandezze è per il poeta quella realtà divina in cui l’esistenza umana si fa pura astrazione. Lo spazio verde che lo abita non ha bisogno di essere coltivato, perché è la pura creaturalità di cui è permeato a generare la sua bellezza. Le grandezze del giardino sono idee matematiche, assiomi provenienti dalla mente di Dio e da cui il poeta può strappare l’autoconsenso delle cause. Un’autoevidente verità, simile al concetto aristotelico di primo motore immobile genera il giardino e ne dispensa un’esistenza senza fatica.
Il manuale dell’infinità
E nel giardino il poeta può leggere il manuale dell’infinità, quasi a dire il Libro della Vita, quel Verbo divinno che svela il segreto dell’immortalità. Lontano dagli uomini e dal loro spazio-temporale morire, il poeta scopre la duplice natura del manuale divino: 1) selvaggio erbario senza foglie e 2) libro di problemi dalle radici enormi. La prima definizione traduce il russo lečebnik, «repertorio di notizie e consigli sulla cura di svariate malattie», mentre la seconda definizone traduce il russo zadačnik, «manuale scolastico di problemi ed esercizi».
Questione di trascrizioni
Il manuale dell’infinità è nella mente del poeta, la trascrizione matematica dell’azione di Dio sulla vita dell’uomo. Quest’ultima, segnata profondamente dalla malattia e dai problemi, intrisa tutta della disgregazione e destinata alla morte, viene salvata da un Dio medico e matematico, capace di guarire ogni malattia e di risolvere ogni problema dalle radici enormi. Il manuale dell’infinità è, in ultima analisi, la trascrizione matematica di quel primordiale giardino in cui ancora non si erano consumati gli effetti dell’esilio.
Elisabetta