“Non si può ricevere Cristo nel pane e non vederlo nel volto del fratello. Non si può adorare il Corpo di Cristo sull’altare e ignorarlo nei poveri. Il Signore dell’universo si inginocchia davanti all’uomo. Sappiamo inginocchiarci per gli altri?” Ci lasciamo introdurre nel mistero del Triduo Pasquale da don Cosimo Schena: l’amore che si inginocchia ci invita a essere fedeli e amorevoli nel servizio. (Clicca qui per il testo del Vangelo).
Sigillo d’amore
Il Giovedì Santo è un giorno che si apre come un sigillo d’amore. È la soglia del Triduo Pasquale, il momento in cui il cuore di Dio si fa carne, pane, servizio. È la sera in cui il cielo si abbassa fino a toccare i piedi dell’uomo.
In quel Cenacolo, la luce delle lampade tremolava come il cuore degli apostoli. Il tempo sembrava sospeso, e in quel silenzio denso di mistero, Gesù spezzò il pane e sussurrò parole che da allora attraversano i secoli come eco di eternità: «Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue» (Mt 26,26-28). Non è un semplice gesto rituale. È un patto d’amore. Un’alleanza nuova, sigillata non con l’inchiostro, ma con il Sangue del Figlio di Dio.
Lì nasce l’Eucaristia. Il Sacramento che ci consegna un Dio che si fa nutrimento, che entra nelle nostre fragilità per trasformarle. Sant’Ambrogio scrive: «Se ogni giorno ricevi l’Eucaristia, ogni giorno ricevi la tua redenzione» (De Sacramentis, V). È in quel pane che troviamo la presenza viva di un Amore che non si ritira, ma rimane. Che non giudica, ma salva. Che non pretende, ma si dona.
L’amore che disarma
Ma quella sera, il Maestro non si è fermato alla mensa. Si è alzato, ha deposto il mantello e si è chinato. E in quel chinarsi, in quel gesto così umile e sconvolgente, ha rivelato il cuore di Dio. «si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli» (Gv 13,4-5). Il Signore dell’universo si inginocchia davanti all’uomo. Un Dio inginocchiato. È l’amore che si abbassa per sollevare.
Pietro resta interdetto, come ciascuno di noi di fronte a un amore che disarma. «Tu lavi i piedi a me?» (Gv 13,6). E Gesù risponde con dolcezza: «Se non ti laverò, non avrai parte con me» (Gv 13,8). È un lavacro che purifica, non solo il corpo ma l’anima. Un gesto che diventa scuola di vita, pedagogia del Regno. Come ricorda sant’Agostino: «L’umiltà di Cristo ci insegna a non cercare il primo posto, ma l’ultimo, perché in esso si nasconde la vera grandezza» (Sermone 69).

Dono e servizio
Nel Giovedì Santo, la Chiesa contempla due gesti uniti da un solo cuore: l’Eucaristia e la lavanda dei piedi. Il pane spezzato diventa vita donata, e i piedi lavati diventano strade di servizio. Non si può ricevere Cristo nel pane e non vederlo nel volto del fratello. Non si può adorare il Corpo di Cristo sull’altare e ignorarlo nei poveri.
San Giovanni Crisostomo ammoniva: «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non disprezzarlo quando è nudo nei poveri» (Omelia sul Vangelo di Matteo). L’Eucaristia ci spinge fuori dal Cenacolo, ci manda nelle periferie dell’anima e del mondo, dove attendono coloro che hanno bisogno di un abbraccio, di un gesto, di un perdono.
Amare nella fedeltà
Questa sera, mentre il tabernacolo si chiude e la Chiesa entra nel silenzio dell’agonia del suo Sposo, il cuore è chiamato a vegliare. A rimanere. A non fuggire come fecero tanti. A riconoscere nel volto di Cristo, piegato nell’orto degli ulivi, il Dio che ci ha amati fino alla fine.
E allora il Giovedì Santo diventa invito: a sedere alla mensa della misericordia, a lasciarsi amare da un Dio che lava i piedi, a spezzarsi per amore come pane sull’altare del mondo. Non è solo memoria, ma vita che ci interroga: sappiamo inginocchiarci per gli altri?
Signore Gesù, Tu che nella notte del tradimento hai scelto di amare ancora, insegnaci a restare fedeli. Fa’ che nel silenzio di questa sera sappiamo riconoscerti nel pane e nel fratello. Che le nostre mani, come le Tue, imparino a servire. Che il nostro cuore, come il Tuo, impari a donarsi.
Amen.
Don Cosimo Schena
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