Giovedì Santo.
Vorrei iniziare questa condivisione dalla frase iniziale del vangelo, che ascolteremo nella Messa vespertina di oggi, che apre le porte al solenne triduo pasquale di passione, morte e resurrezione:
«Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1).
La fine come compimento
Quando leggo questo versetto mi colpisce sempre la conclusione: li amò sino alla fine. Fino alla fine. Senza lasciare incompiuta l’opera. Fino al compimento dell’amore: il dono totale della vita per l’altro.
Che senso avrebbe l’amore se non ti conduce a dare la vita e a offrire vita per l’altro?
Siamo abituati ad un amore che esige un tornaconto. Che cerca compensazioni umane e affettive.
Invece, oggi, il Signore, in questi gesti così semplici, la lavanda dei piedi e il pane spezzato, ci svela il vero volto dell’amore: la gratuità. L’amore è totale quando è gratuito e supera le povere aspettative di una logica puramente commerciale, quella del dare e avere.
In fondo tutti i nostri “amori” sono così, anche quelli più puri, nell’inconscio, potrebbero avere questa dimensione narcisistica.
Ma, il giovedì santo, con le sue parole e i suoi gesti, ci dice che l’amore è nudo, come il Cristo che si spoglia per lavare i piedi ai suoi discepoli, senza la pretesa di trovare dei piedi puliti e raffinati.
Che l’amore trova la sua ragione e il suo compimento quando si spezza per essere condiviso e, non quando si conserva, per non essere consumato. Che senso avrebbe una pagnotta di pane se non venisse tagliata e condivisa?
Il giovedì santo, al di là della solennità dei riti secolari, ha come sfondo la kenosì di Gesù, l’umiliazione di Dio, che per raggiungere l’uomo e amarlo, tocca, con la sua faccia, la polvere dei suoi piedi. La parte più sporca dell’uomo viene raggiunta da Dio, attraverso l’amore del Figlio. Dio non ha paura della nostra sporcizia e ci raggiunge per donarci il Figlio come rimedio e perdono.
Pane ed acqua
In fondo pane e acqua sono elementi essenziali della vita. Sono il linguaggio quotidiano della nostra cultura e della nostra mentalità. Ebbene Cristo si fa acqua per pulire le nostre sozzure, Cristo si fa pane per saziare il cuore dell’uomo.
Il giovedì santo, nel suo estremo silenzio, mi racconta di questo amore, che non conosce limiti e neanche il peccato costituisce il limite di questo amore. L’unico limite è la libertà dell’uomo, che può scegliere di abbandonare il cenacolo, nonostante il Maestro abbia lavato i suoi piedi.
In questo giorno facciamo memoria anche dell’istituzione dell’ordine sacerdotale.
E da dove nasce il sacerdozio se non dall’acqua e dal pane del giovedì santo?
Da questi due gesti, così estremi e passionali, nasce il sacerdote.
Il catino dell’acqua ed il pane sono le caratteristiche che rendono ogni sacerdote continuazione della compassione di Dio per l’uomo di oggi.
L’acqua certamente è il simbolo del battesimo. Potrebbe essere anche il segno della penitenza, intesa come acqua che purifica il cuore del peccatore.
Il pane è il segno dell’Eucaristia celebrata sull’altare che diventa carità piena e condivisa.
Vita donata e spezzata sull’altare del mondo, per andare incontro ai piedi feriti del fratello. Qualunque fratello.
Sarebbe bello in questo giovedì santo, regalare ad ogni sacerdote un catino colmo d’acqua e un pezzo di pane, per ricordargli da dove nasce la sua vocazione e la sua missione.
Il giovedì santo evoca tante riflessioni nel cuore di ognuno di noi, ma vorrei suggerirvi questo, quando questa sera, vi troverete davanti al tabernacolo per l’adorazione, ricordatevi dell’acqua e del pane.
Ricordate ai sacerdoti di essere acqua e pane.
Ricordate a voi stessi, che ogni cristiano dovrebbe seguire la logica dell’acqua e del pane.
Chiediamo al Signore, che nella chiesa, ci sia più spazio per questi due segni e così ritornare al profumo e alla semplicità del cenacolo di Gerusalemme quando Cristo, divenne acqua per lavare i piedi sporchi degli apostoli e pane per amarli sino al compimento della sua missione.
Oggi ripartiamo dal Vangelo, dall’acqua e dal pane, per vivere questo giovedì santo.
Fra Daniele Moffa