Il libro di Ester prosegue insieme alla sua storia e al capitolo 5 leggiamo l’incontro tra la regina e la tenerezza del suo sposo.
Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, ella si tolse gli abiti servili e si rivestì di quelli sontuosi. Fattasi splendida, invocò quel Dio che su tutti veglia e tutti salva, e prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva sollevando il manto di lei. Era rosea nel fiore della sua bellezza: il suo viso era lieto, come ispirato a benevolenza, ma il suo cuore era oppresso dalla paura. Attraversate tutte le porte, si fermò davanti al re. Egli stava seduto sul suo trono regale e rivestiva i suoi ornamenti ufficiali: era tutto splendente di oro e di pietre preziose e aveva un aspetto che incuteva paura.
Est 5, 1-1c
Come tutte le donne protagoniste di interi libri di A. T., anche Ester realizza la sua missione nella pienezza del suo splendore. In un certo senso, il fatto stesso che Ester stia vivendo e compiendo la sua vocazione è riprovato dalla sua inequivocabile bellezza.
Non è solo questione di autostima e cura di se stesse – che pure sono elementi sacri, imprescindibili e condivisi anche da chi non ha una sensibilità religiosa. Per chi ha un cammino di fede è anche questione di gratitudine e di vocazione, appunto.
Nel primo caso, non posso disprezzare il mio corpo, la mia persona, se so di essere stata creata, eletta, voluta e voluta bene dall’Eterno e guai se oso anche solo pensar male di me.
In secondo luogo, quando comincio a balbettare il mio sì a una proposta di Dio, della Sua Stessa Bellezza Lui mi riveste. Acconsentire alla Voce di Dio non vuol dire smettere di avere paura, anzi! Per la portata di ciò che Lui chiede, che sempre sovrasta i desideri e le aspirazioni personali, la paura si amplifica e talvolta ci si sente oppressi.
Alzato il viso, che la sua maestà rendeva fiammeggiante, al culmine della collera la guardò. La regina cadde a terra, in un attimo di svenimento, mutò colore e si curvò sulla testa dell’ancella che l’accompagnava. Dio volse a dolcezza l’animo del re: ansioso, balzò dal trono, la prese tra le braccia, fino a quando ella non si fu rialzata, e la confortava con parole rassicuranti, dicendole: “Che c’è, Ester? Io sono tuo fratello; coraggio, tu non morirai, perché il nostro decreto è solo per la gente comune. Avvicìnati!”. Alzato lo scettro d’oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: “Parlami!”.
Est 5, 1d-5
Gli disse: “Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore è rimasto sconvolto per timore della tua gloria: tu sei ammirevole, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto”. Mentre parlava, cadde svenuta; il re si turbò e tutti i suoi servi cercavano di rincuorarla.
Allora il re le disse: “Che cosa vuoi, Ester, e qual è la tua richiesta? Fosse pure metà del mio regno, sarà tua”. Ester rispose: “Oggi è un giorno speciale per me: se così piace al re, venga egli con Aman al banchetto che oggi io darò”. Disse il re: “Fate venire presto Aman, per compiere quello che Ester ha detto.
Ester è terrorizzata dalla presenza di una severissima legge che stabilisce morte sicura per chi osa presentarsi dinanzi al re senza essere stato convocato. Teme per la propria vita, eppure va avanti e la sua paura di incontrare il re si incontra con la paura del re di perdere la sua regina.
Lo so. Tutte noi rimaniamo incantate dalla tenerezza del re Assuero e, in fondo, tutte sogniamo di essere Ester, la ragazza che cambia in meglio il cuore di un uomo. E che Assuero sia cambiato è un fatto assai evidente. Basta recuperare il capitolo 1 e leggere l’episodio con Vasti per rendersene conto.
Verso Ester il re cambia decisamente tono e atteggiamento. Si mette in ascolto del suo disagio e ci fa capire che a volte basta rivolgere anche un semplice: “Che c’è? Che cosa c’è che non va?”, per cercare di risolvere un problema o di ricucire una relazione. Mi colpisce quest’uomo, ritratto come un capo maestoso e intransigente, tutto d’un pezzo, eppure capace di comprensione e delicatezza verso sua moglie, preoccupato per lei, ansioso al punto da correrle incontro, prenderla in braccio e supplicarla di parlargli.
A commuovermi è anche il suo profondo coinvolgimento. Quando una persona che ami è in difficolta o sta male, anche tu vivi nel turbamento e tutto daresti per farla stare bene. Così fa Assuero, rivelando la sua umanità nella cura della relazione e del dialogo con Ester. E in ciò compie perfettamente la sua bellezza di uomo.
Nel corso dei ritiri spirituali vissuti negli anni, ho accumulato un bagaglio di frasi che porto con me e all’occorrenza richiamo alla memoria. Una di queste recita: I santi sono artisti del dialogo.
Allora mi chiedo… Quanto mi lascio coinvolgere dalle relazioni? Quanta cura ripongo nel dialogo semplice con chi mi sta accanto? Quanto mi stanno a cuore le persone?
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Benedetta