Non esistono tempi sospesi, esistono solo tempi compiuti. Non esistono tempi da mettere tra parentesi, esistono tempi sintatticamente diversi ma tutti essenziali. Avete dubbi? Vivere per credere!
In questo Vangelo l’evangelista Giovanni ci consegna sommessamente questa verità sul tempo e lo fa andando in picchiata su un verbo: credere.
Un verbo che ricorre, se ho fatto bene i conti, cinque volte. Quando vi è una molteplice ricorrenza, ciò che emerge è tutta la sua importanza.
Credere sì, va bene ma perché?
Per vivere e non vivacchiare, per non subire la “sindrome della tana”, così di moda in questi tempi, un tana dove nascondersi all’arrivo della primavera.
Credere per arrendersi ad una semplice e travolgente verità: la nostra vita, la nostra esistenza è nelle mani di Dio Padre.
Una verità che cogliamo con la testa ma che fa fatica ad essere accolta dal cuore, in quanto serpeggia sempre quella tentazione del giardino dell’Eden di un Dio che – sotto sotto – vuole il nostro male, un Dio malevolo e invece il Dio di Gesù Cristo è un Dio potente e misericordioso, un Dio che – come scrive Giovanni – “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito”.
Ma noi uomini abbiamo preferito le tenebre delle menzogna, abbiamo avuto lo sguardo basso quando, invece, l’avremmo dovuto tenere alto e fisso su quella Croce. La Croce – testimone silente e drammatica – di un amore che non fa sconti ma che ama e che ci fa esclamare:
“Veramente tutto concorre al bene di coloro che amano Dio e si lasciano amare da Lui“
Una verità facile da credere? No! Se c’è una cosa che accomuna santi e peccatori è il chiaroscuro della fede: un po’ si crede e un po’ no. Ma come “aumentare” questa fiducia?
Vi giro un “compito per casa” che mi è stato affidato da una sorella contemplativa, Suor Maddalena:
“Fissa per cinque minuti, non di più, ogni giorno il Crocifisso e vedrai…”.
Vi lascio così, in questa letizia tipica della IV domenica di Quaresima, siate lieti perché Dio ha vinto il mondo!
Shaqued