Dopo aver riflettuto sulla capacità di smascherare il male e sull’importanza del tempo, siamo pronti per proseguire la lettura del libro di Ester e conoscere altri due personaggi: il re Artaserse e la regina Vasti.

Storia di drappi e madreperle

Come ricorderete, il re Artaserse decide di offrire un banchetto in onore dei suoi amici ministri e nobili. Li invita a corte e per centoottanta giorni non fa altro che mostrare loro le sue ingenti e invidiabili ricchezze. Dopodiché organizza un altro banchetto di sei giorni per i rappresentanti delle nazioni (versione greca) o per il popolo della città di Susa (versione ebraica).
Il testo descrive nei particolari lo sfarzo della sala del ricevimento: drappi di lino, pavimenti di madreperla e pietra verde smeraldo, divani d’oro e d’argento, colonne di marmo pario, tappeti ricamati e rose; e ancora coppe pregiate e preziose da cui bere vino in abbondanza e senza limiti, secondo le precise disposizioni di Artaserse (Est 1, 6-8).

Immaginiamo quindi quale doveva essere la vastità, l’immensità del palazzo e dei possedimenti reali se per visitarli erano necessari 180 giorni! Ma pensiamo anche alla prelibatezza dei cibi e delle bevande messe a disposizione durante il banchetto. Insomma la rappresentazione di questa scena è volta a farci provare un senso di invidia più o meno accentuato.
Eppure sorge in sottofondo una domanda: con quale spirito Artaserse avrà organizzato tutto questo? Sarà stato mosso dal desiderio di rendere i suoi sudditi partecipi della sua ricchezza attraverso una sincera condivisione, oppure dall’intento di ostentare il suo potere, suscitando l’invidia degli stessi?

Considerando la situazione, a me sembra che, dietro allo sfarzo, il re nasconda un profondo vuoto d’amore che tenta di colmare suscitando l’invidia e l’approvazione dei suoi. È il classico esempio di quando materialmente abbiamo tutto, ma sperimentiamo che quel tutto materiale non ci basta proprio e non riesce a colmare le esigenze più intime del cuore, che poi sono quelle che ci interessano di più. Che me ne importa di avere uno stipendio o un libretto universitario da urlo, il lavoro che tutti vorrebbero, tre case, l’elicottero, la piscina ecc. ecc. quando l’unica cosa che vorrei è solo un po’ di autentico affetto?

E allora, come Artaserse, cerchiamo di attirare su di noi gli sguardi altrui perché le attenzioni che riceviamo – diciamocelo chiaro e tondo – ci pompano l’ego e ci fanno sentire importanti, leader, fenomeni. E in fondo nutriamo anche la speranza che l’ammirazione e l’invidia degli altri ci strappino via quel vuoto profondo e insopportabile. Ahimè, finché mostriamo quello che abbiamo e non ciò che siamo, ci sarà sempre il rischio che gli altri non amino noi, ma – appunto – quello che abbiamo.

Foto di Pexels.

Il no di Vasti

Quanto detto finora trova conferma nel modo in cui Artaserse tratta sua moglie Vasti.

«Anche Vasti, la regina, tenne un banchetto per le donne nella stessa reggia di Artaserse. Il settimo giorno il re, euforico per il vino, ordinò ad Aman, Bazan, Tarra, Borazè, Zatoltà, Abatazà, Tarabà, i sette eunuchi che erano al servizio del re Artaserse, di far venire davanti a lui la regina per intronizzarla, ponendole sul capo il diadema, e per mostrare ai prìncipi e alle nazioni la sua bellezza: era infatti molto bella. Ma la regina Vasti rifiutò di andare con gli eunuchi. Il re ne fu addolorato e irritato e disse ai suoi amici: “Così e così ha parlato Vasti: giudicate, dunque, secondo la legge e il diritto» (Est 1, 9-13).

Inutile dire che il re, su consiglio dei suoi amici, decide di allontanare Vasti togliendole il privilegio regale. Ma perché Vasti si rifiuta di presentarsi davanti al re? Solo per un suo capriccio? Non sapeva che, così facendo, avrebbe perso tutto quello che aveva?
Io credo che il comportamento di Vasti sia ragionevole e proprio di una donna che ha a cuore la sua dignità. Sembra quasi che, dinanzi alla richiesta del re, Vasti percepisca di essere considerata come un oggetto, un possesso, e non ci sta! Artaserse in un certo senso la tratta come una delle sue tante ricchezze, l’ennesimo trofeo da far ammirare. La regina, invece, è consapevole di essere libera e di valere molto più di tutti i beni materiali che il re possiede. Perciò, non è per un senso di superiorità che Vasti si rifiuta di obbedire al marito, ma è per rispetto nei confronti di se stessa.

Per riflettere…

A mio parere, anche Vasti è un personaggio femminile da rivalutare e dal quale apprendere qualcosa. Vi propongo i miei spunti di riflessione.
In una relazione affettiva è giusto pretendere e punire l’altro se per caso non soddisfa la mia pretesa?
È amore pretendere sempre dagli altri? E ci sentiamo amati quando lasciamo che gli altri abbiano pretese su di noi?
Lasciamo gli altri liberi anche di deluderci o li rendiamo nostri schiavi? E, al contrario, ci sentiamo liberi di deludere gli altri oppure ci lasciamo tirare dentro una condizione di schiavitù?

Benedetta

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