“Colei che ha creduto alle parole del Signore, all’adempimento di quanto il Signore le ha detto, diventa testimone del compimento. Sebbene la pericope evangelica di oggi si fermi alle soglie del Magnificat, nella beatitudine proclamata da Elisabetta a Maria si vede già l’atteggiamento che anima il suo canto”. Entriamo nella meditazione dell’ultima Domenica d’Avvento aiutati da Francesco Pacia.

L’esodo della Parola

Secondo alcuni studiosi, uno dei fili conduttori dell’opera lucana – Vangelo e Atti degli apostoli – è il cammino della Parola: al cuore della narrazione di Luca vi sarebbe l’esodo della Parola, che esce dallo spazio ristretto del tempio di Gerusalemme, ombelico del mondo, dove incontra mutismo e incredulità (Lc 1), per entrare nella casa di una sterile ormai avanti negli anni e poi di una vergine… 

E poi, dopo essersi fatta carne, entrare e abitare le case e le strade, le relazioni e gli spazi esistenziali di una periferia dell’ecumene, talmente visitata dalla Parola, che esce dalla bocca dell’Altissimo, da valicare i suoi precari, ma rigidi confini e raggiungere, attraverso gente semplice e comune, pescatori e tessitori di tende, pubblicani ed esorcizzate, i quattro angoli delle terra e il suo centro, Roma, dove alla fine di questo esodo della Parola, si trova Paolo, in custodia cautelare in una casa in affitto: emblema massimo di precarietà, eppure suo pulpito privilegiato per annunciare la il regno di Dio e Cristo (At 28).

Visite divine

La Parola, quindi, ha bisogno di piedi per camminare, di bocche per dirsi. I primi passi di questo cammino della Parola li fa una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, che visitata da un angelo del Signore, dopo un incomparabile dialogo da coprotagonista di Adonai, di cui si proclama serva, mentre il Verbo inizia a tessersi nella sua carne, si mette in fretta in cammino – ai piedi il verbo greco dei risorti, nel cuore il saluto angelico della gioia – per raggiungere da sola la parente Elisabetta, un’altra visitata da Dio, che superata la vergogna iniziale della sterilità guarita troppo tardi, aveva riconosciuto le misericordie del Signore.

Tra le due donne, entrambe visitate dall’Alto, avviene qualcosa di incomparabile. Lo Spirito, che aveva già adombrato la figlia di Sion, ricolma ora Elisabetta (Lc 1,39-45); Giovanni sussulta di gioia, sgambettando quasi come Davide davanti all’Arca. Il Signore, Adonai, si è mosso, è lì…  è qui, è in mezzo al suo popolo, tra i figli dell’uomo, dove è la sua delizia e ancora vuole mettere tenda.

E in tutto questo, Maria ed Elisabetta si confermano e illuminano a vicenda circa la Parola a cui hanno creduto, della quale hanno accettato la Visita,  alla quale hanno dato corpo, fama, vita, con un inedito balzo di fede.

Foto di shy sol da pexels

L’apertura della benedizione

Le visitate dall’Altissimo si riconoscono e il cuore si apre alla benedizione, il cuore si apre alla gioia. Chi accoglie e riconosce la visita di Dio non può non aprirsi e aprirsi alla benedizione, intonare parole colme di beatitudine. Riconosce Dio all’opera nella vita propria e in quelle dell’altro. Sa leggere la propria storia e quanto gli è intorno attraverso lo sguardo di Dio, attraverso il filtro della sua Parola. Usa il suo stesso linguaggio di benedizione, come era all’inizio del mondo creato, quando Dio, chiamando all’esistenza le cose, le proclamava buone. Chi accoglie la visita di Dio, chi accoglie la sua Parola, si pone in una condizione esodale, di perenne uscita, di apertura sincera agli eventi, agli altri, e si pone in una condizione profetica, proiettiva.

Alle soglie del canto del compimento

Colei che ha creduto alle parole del Signore, all’adempimento di quanto il Signore le ha detto, diventa testimone del compimento. Sebbene la pericope evangelica di oggi si fermi alle soglie del Magnificat, nella beatitudine proclamata da Elisabetta a Maria si vede già l’atteggiamento che anima il suo canto. Come i figli di Israele, appena usciti dal Mar Rosso, già cantavano le vittorie di Dio lungo l’Esodo e l’arrivo a Sion quarant’anni dopo (Es 15), così colei che ha creduto all’adempimento della Parola di Dio vede già attuarsi il suo disegno di salvezza nella trama tutt’altro che magnifica delle vicende umane. Lo canta, lo annuncia, lo precede e testimonia. Lo indica e fa vedere.

Proprio lì ogni visitato da Dio, che ha accettato di favorire l’esodo della Parola, può gridare in canto che questa Parola, fatta carne 2000 anni fa, ancora si compie, fiorisce, nasce, visita. Ancora Adonai viene a rovesciare salvezza, ancora viene coi piedi e le braccia, la carne e le bocche di quei ministri, alla lettera sottorematori, della Parola, di cui Luca inseguiva le tracce nel suo prologo (Lc 1,2) e che nel suo vangelo accompagnano Gesù nel suo esodo dal seno del Padre a recuperare le dracme perdute, le pecore smarrite, i figli che si sono persi fuori o dentro casa… a visitare case, ferite, relazioni, alienazioni, gioie e dolori, e lì operare salvezza.

Francesco Pacia

Per leggere il commento al Vangelo della scorsa domenica clicca qui: https://www.legraindeble.it/la-gioia-del-cammino/.

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