Wisława Szymborska poetessa che ha lo stile asciutto e ricco della sua personalità e del suo genio, ci addentriamo nella seconda parte della poesia con Don Giuseppe. Per leggere la prima parte, cliccate qui.

Domande poste a me stessa

immagine da pixabay

Qual è il contenuto del sorriso
e d’una stretta di mano?
Nel dare il benvenuto
non sei mai lontana
come a volte è lontano
l’uomo dall’uomo
quando dà un giudizio ostile
a prima vista?

Ogni umana sorte
apri come un libro
cercando emozione
non nei suoi caratteri,
non nell’edizione?
Con certezza tutto,
afferri della gente?

Risposta evasiva la tua,
insincera,
uno scherzo da niente –
i danni li hai calcolati?
Irrealizzate amicizie,
mondi ghiacciati.

Sai che l’amicizia va
concreata come l’amore?
C’è chi non ha retto il passo
in questa dura fatica.
E negli errori degli amici
non c’era colpa tua?
C’è chi si è lamentato e consigliato.
Quante le lacrime versate
prima che tu portassi aiuto?

Corresponsabile
della felicità di millenni –
forse ti è sfuggito
il singolo minuto
la lacrima, la smorfia sul viso?
Non scansi mai
l’altrui fatica?

Il bicchiere era sul tavolo
e nessuno lo ha notato,
finché non è caduto
per un gesto distratto.

Ma è tutto così semplice
nei rapporti fra la gente?

Wislawa Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (Milano, Adelphi, 2009).

La verità profonda dei gesti

E’ domandando direttamente a se stessa che essa interroga la realtà che la circonda, ritenendo come principio della conoscenza il ritorno all’autocoscienza. In questo modo non spiega come dovrebbe essere, o procedere, la vita dei rapporti umani, neppure fa requisitorie moralistiche come di una verità scoperta e posseduta; la Szymboska non fa teorie; le domande sono una invocazione al cambiamento di sé, alla verità profonda dei gesti, alla necessità non rimandabile che si manifestino sia l’unità del proprio vissuto, sia l’unità con il vissuto degli altri. Il Bisogno cioè di essere “qualcuno” e di poter dire “tu” a “qualcuno”, il bisogno ancestrale di essere “una cosa sola”. I versi della poesia soprattutto rimangono domande, fenomenologia del senso degli umani.

L’inganno

Gli ultimi decenni hanno documentato l’accrescimento di due (non) casualmente coincidenti e inumani fenomeni sociali: la dipendenza dalla tecnologia ed il fanatismo animalista. Si è distolto il “tu” dalla persona (le cause e gli effetti non li possiamo e dobbiamo affrontare in questo articolo) e lo si è diretto a freddi device di varia natura o ad inermi ed incolpevoli animali da compagnia. E’ la riduzione dalla domanda al possesso, che ha un volto sempre violento, di segmenti della realtà che pur utili o belli o significativi, non hanno la possibilità di stare di fronte all’incombenza di essere secondo tutta la grandezza dell’umano.

Il fuoco celato

La forza della poesia, quando non è asservita al potere, alla cultura dominante, sta nel suscitare, sotto la cenere, il fuoco che è celato nel mistero del nostro intimo. Questa poesia ha il compito di ricordare che se il tempo e le occasioni non sono dirette a chiedere la novità che genera la bellezza dell’amore o dell’amicizia, la forza di una mano stretta in un saluto, la sensibilità di accostarsi al dolore dell’altro, si ricade in se stessi ed inconclusi.
La vita ha una ultima ed ineludibile direzione ad un bene intuito nel rapporto con gli altri, ci comunica la poetessa, e come fosse una speranza appena nata; come una possibilità e come una necessità.

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