Il 9 maggio 2023, Solennità dell’Ascensione del Signore, il Pontefice Francesco ha indetto il Giubileo ordinario dell’Anno del Signore MMXXV, con la Bolla Spes non confundit, stabilendone tempi di inizio, prosecuzione e termine.

L’evento giubilare, nella cadenza ordinaria dei venticinque anni reca in sé una storia plurisecolare, che vorremmo cercare di scorrere con speciale riferimento alla storia e ai riti che nei secoli di vita della Chiesa si sono sviluppati e sempre più perfezionati.

Abbiamo avuto modo di ripercorrere a grandi linee la storia del Giubileo, nel precedente articolo. Ora vogliamo analizzare il rito principale e fondamentale dell’anno giubilare che è l’apertura della porta santa.

L’atto di indizione

Potrebbe sembrare normale che il Giubileo fosse da sempre indetto con un atto solenne. Non è così: la tradizione ci dice che Bonifacio VIII si limitò a deporre la Bolla sull’altare della Confessione e ciò testimonia il dato per cui non vi era una solennità. Inoltre i primi Giubilei erano incominciati con una limitazione dei Pontefici a confermare le elargizioni indulgenziali con il sigillo pontificio, la bulla appunto, senza particolari solennità. Sarà solo Gregorio XIII nel 1575 ad utilizzare una solenne formula di indizione nella sua Bolla Dominus ac Redemptor noster, forse anche per ribadire la magnificenza della Chiesa dopo la Riforma e il Concilio di Trento. Ad ogni modo con la formula “Universo Christiano populo… indicimus” per la prima volta usa il verbo “indire” come riferimento ad un atto solennissimo di apertura dell’Anno di grazia per l’elargizione indulgenziale ordinaria. Questo fatto, indica un passaggio fondamentale, non solo per la solennizzazione, ma per la presa di coscienza che quell’atto di indizione è atto riservato alla sola Autorità apostolica pontificia.

È interessante notare anche qualche particolare relativo alla data di indizione. Il Giubileo del 2025, indetto da Francesco ha come data quella della Solennità dell’Ascensione del Signore, con solenne lettura della Bolla nell’atrio della basilica Papale di San Pietro, da parte dal Decano dei Protonotari Apostolici de numero, come da tradizione iniziata dal Gregorio XIII per il Giubileo del 1575, ma successivamente non sempre rispettata. Tuttavia, non in ogni occasione l’indizione ha avuto tale datazione, perché la data di annuncio subisce varie e molteplici variazioni. Il primo caso è quello della retroattività; casi di Giubilei indetti quando già erano in corso. Ciò è quanto si è verificato proprio nel primo, quello del 1300, con valore retroattivo dal 25 dicembre 1299, che di fatti fu indetto perché iniziato per acclamazione popolare. Altre occasioni – che potremmo definire prassi recenti per gli anni straordinari, come accaduto nel 1933 e nel 1983 – sono state le datazioni alla Solennità dell’Epifania del Signore del medesimo anno. In altre occasioni ancora, come il Giubileo del Terzo millennio adveniente del 2000 i Pontefici hanno scelto la prima Domenica di Avvento.

La Porta Santa

L’atto di indizione reca in sé la specifica peculiarissima del Giubileo, l’indicazione dell’apertura della Porta Santa, o delle Porte Sante.

Come afferma il Montini, la prima menzione di questo rituale – più correttamente detto al plurale, cioè le Porte sante – è menzionato per la prima volta da Alessandro VI nella Bolla di indizione dell’Anno santo del 1500. Tuttavia è significativo che la menzione che il Pontefice ne fa non è di una prassi innovativa, quanto piuttosto di una pratica rituale già radicata. L’elemento, forse, significativo è piuttosto un altro: leggendo attentamente la Bolla [11] si nota che il Pontefice specifica che le Porte delle quattro Basiliche romane maggiori saranno aperte da “Noi stessi” alla presenza dei Cardinali e del Popolo di Dio. Questa affermazione lascerebbe intendere che quella pratica radicata relativa alle Porte, magari, non fosse sempre espletata dal Pontefice in persona, ma (forse) da un suo Legato. Non v’è dubbio comunque che già la pratica fosse in uso come indica l’espressione de more consuetas, utilizzata da Alessandro VI.

La liturgia stazionale

È il primo fondamentale momento del rito di apertura della porta santa. È una liturgia di mobilità tipica della Chiesa di Roma. Si compone di due momenti: la “colletta”, ovvero il momento di raccolta dei fedeli presso una chiesa succursale, e quindi la statio, la chiesa di arrivo della processione. Questo tragitto è tradizionalmente occupato dal canto delle litanie dei santi. Questi due momenti ripropongono l’immagine della comunità che si raduna attorno al vescovo. Dunque rappresentano un segno di comunione e di unità attorno al vescovo. È un modo anche di far capire come sia sempre attuale la necessità di vigilanza, di attenzione per una conversione interiore profonda. Infatti, statio è un termine latino che appartiene all’uso militare. Allude alla vigilanza delle sentinelle a guardia dell’accampamento, ma armate della preghiera, forgiate dalla penitenza e fortificate nello spirito dal digiuno, dimensioni che dovrebbero caratterizzare ancora oggi la liturgia stazionale. Questi piccoli gesti simbolici, accompagnati dal canto delle litanie, creano anche un clima di comunione con i santi, con chi ci ha preceduto. È anche l’occasione per riscoprire il senso di appartenenza all’unica comunità dei credenti nel Cristo, presente sull’altare. Che cos’è dunque la statio? Innanzitutto, una veglia, accompagnata dal digiuno, con la quale ci si prepara a vivere un avvenimento importante. Si riprende la terminologia militare, come sottolinea sant’Ambrogio, per cui la statio ci rimanda all’immagine della sentinella che vigila nell’accampamento: vigilare, stare attenti e compiere in particolare opere di penitenza, di carità e di digiuno. Queste opere vengono collegate tra loro e proposte per creare un atteggiamento di conversione profonda attraverso, appunto, la vigilanza, le pratiche e gli esercizi di pietà. Concretamente, la statio diventa poi l’incontro della comunità cristiana che si raduna nei cosiddetti tituli, cioè le antiche parrocchie o i santuari dove erano deposti i martiri. A tal proposito ricordiamo che un antico documento, la Depositio martyrum, del 336, ci riferisce il luogo dove riposa il martire e dove si tiene la statio, cioè il luogo dove la comunità si riunisce per pregare quel martire nel ricordo del suo dies natalis. L’incontro della comunità cristiana con il vescovo si apre con la “colletta”. Ci si riunisce in una chiesa da cui si parte per una processione lungo la quale si cantano le litanie, per questo si parla di letania. Nel Liber Pontificalis si parla sempre di fare una letania, cioè una processione della comunità con il proprio vescovo dalla chiesa vicina alla chiesa stazionaria o a una delle grandi basiliche, dove si conserva la memoria del martire.  All’inizio le stazioni erano sempre presiedute dal vescovo. Quest’ultimo si recava nella chiesa vicina a quella stazionaria. Lì si recitava la “colletta”, cioè la preghiera di riunione, e quindi si formava la processione che, al canto delle litanie dei santi, giungeva alla chiesa stazionaria dove si partecipava a una veglia di preghiera, successivamente sostituita dalla celebrazione eucaristica.

L’apertura della Porta

È tipico segno del Giubileo. L’apertura della Porta Santa e la sua chiusura segnano l’inizio e la conclusione dell’Anno Santo. A Roma sono quattro le Porte Sante che vengono aperte soltanto durante i Giubilei. Oltre a quella di San Pietro, ci sono quelle delle altre tre basiliche maggiori di Roma: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. La Porta rimanda al passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia, guardando a Cristo che di sé dice: «Io sono la porta».

L’apertura della Porta Santa ha un profondo significato spirituale e simbolico. La porta rappresenta Cristo, che ha detto di sé “Io sono la porta” [12]. Varcarla significa entrare nella grazia di Dio e ottenere l’indulgenza giubilare. Normalmente questa porta viene murata alla fine di ogni Anno Santo per essere riaperta solo all’inizio del successivo Giubileo. Rompere questo muro è come infrangere la barriera che separa l’uomo da Dio a causa del peccato. L’apertura della Porta Santa segna simbolicamente l’inizio di un tempo di rinnovamento spirituale per la Chiesa e per i fedeli. Attraversarla diventa un pellegrinaggio che invita alla conversione e alla riscoperta della misericordia di Dio. Tradizionalmente il rito di apertura della Porta Santa, nella Basilica di San Pietro risale al XVI secolo, anche se alcuni storici fanno risalire questo rito al medioevo. La prima apertura ufficiale di cui si abbia notizia avvenne nel 1500, quando papa Alessandro VI indisse il primo Giubileo della storia moderna. In quell’occasione la cerimonia di apertura della Porta Santa ebbe luogo il 24 dicembre 1499. Da allora, per tutta la durata dell’Anno Santo i pellegrini poterono entrare nella basilica di San Pietro varcando quella porta per lucrare l’indulgenza giubilare. Tuttavia, solo nel XVI secolo, per volontà del Pontefice Paolo III, l’apertura della Porta Santa divenne un rito codificato da compiersi ad ogni celebrazione del Giubileo. Nel 1575 papa Gregorio XIII stabilì che il Giubileo ordinario fosse celebrato ogni 25 anni. Da allora l’apertura della Porta Santa è avvenuta puntualmente all’inizio di ogni Anno Santo.

Il rito di apertura della Porta Santa si svolge secondo una liturgia solenne e ricca di simbologie. In prima battuta, il luogo. L’apertura ha luogo presso la basilica di San Pietro a Roma, nella porta che si apre sulla facciata della basilica dando accesso all’atrio. Fino al 2000 questo rito avveniva anche presso le altre basiliche romane maggiori e in alcune cattedrali nel mondo. Oggi è riservato unicamente a San Pietro, salvo che il Pontefice stesso, nella Bolla di indizione non disponga altrimenti. Il secondo elemento è relativo a chi officia il rito, la presidenza è riservata al Pontefice, successore di Pietro, che compie materialmente il gesto di aprire la porta. Insieme a lui concelebrano la liturgia i Patriarchi, i Presuli della Romanità e i Cardinali e tradizionalmente – un terzo elemento del rito – questa apertura avviene nella Solenne celebrazione eucaristica nella notte del Natale del Signore, per sottolineare il profondissimo legame con l’evento dell’Incarnazione. La data, come visto precedentemente, potrebbe variare in particolar modo in occasione di giubilei straordinari.

Prima del rito vero e proprio ha luogo una celebrazione liturgica, con canti e letture sacre. Successivamente il Papa si avvicina alla Porta Santa ancora murata e la percuote per 3 volte con un martello d’argento. Compiuto questo gesto, la porta viene aperta e attraversata processionalmente dagli officianti per primi. In seguito anche i fedeli potranno varcare la Porta Santa fino alla chiusura dell’Anno Santo.

Specifiche rituali: elementi caratteristici del cerimoniale tradizionale

Nella Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000 Incarnationis Mysterium il Pontefice Giovanni Paolo II ricordava alcuni segni di cui si è arricchito l’istituto del Giubileo nella sua storia. E in particolare si sofferma sul segno della porta santa [13]. D’altro canto non era la prima volta che il Pontefice sottolineava l’importanza della Porta Santa, in speciale rifermento al grande Giubileo del nuovo millennio adveniente: “La porta santa del Giubileo del 2000 dovrà essere simbolicamente più grande delle precedenti, perché l’umanità, giunta a quel traguardo, si lascerà alle spalle, non soltanto un secolo, ma un millennio” [14].

Secondo la descrizione fatta nel 1450 da un certo Giovanni Rucellai da Viterbo, fu Papa Martino V nel 1423 ad aprire per la prima volta nella storia degli anni giubilari la porta santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano. In quel tempo gli anni santi si celebravano ogni 33 anni. Nella Basilica Vaticana l’apertura della porta santa è attestata per la prima volta nel Natale del 1499. In quella occasione Papa Alessandro VI volle che la porta santa venisse aperta non solamente a S. Giovanni in Laterano, ma anche nelle altre basiliche romane: S. Pietro, S. Maria Maggiore e S. Paolo fuori le Mura.

Una piccola porta, probabilmente di servizio, che si trovava nella parte sinistra della facciata della Basilica di S. Pietro, fu allora allargata e trasformata in porta santa, proprio nel luogo in cui si trova ancora oggi. Ciò portò alla distruzione di una cappella adornata di mosaici che si trovava all’interno della basilica e che era stata dedicata da Papa Giovanni VII alla Madre di Dio.

Il Papa inoltre volle che fossero ben definite le norme del Cerimoniale dell’anno santo non ancora precisato dai suoi predecessori e in particolare i riti di apertura e chiusura della porta santa. La composizione dei riti fu affidata dal Papa al famoso Giovanni Burcardo, Maestro delle Cerimonie Pontificie, originario di Strasburgo e Vescovo delle diocesi riunite di Civita Castellana ed Orte. La porta santa dell’anno giubilare del 1500 venne aperta la notte di Natale del 1499 e fu chiusa nella solennità dell’Epifania del 1501. Il Rituale preparato dal Burcardo e approvato dal Papa, salvo alcuni ritocchi introdotti nel 1525 dal Maestro Biagio da Cesena, è stato sostanzialmente seguito in tutti i giubilei che sono seguiti [15].

Al rito di apertura della porta santa, fino al 1975 erano legati degli elementi caratteristici che ricordiamo per la loro simbologia, ma soprattutto perché hanno caratterizzato questa particolare liturgia dal 1400 al 1950.

Il muro. Dal 1500 fino al 1975 la porta santa delle quattro basiliche romane era chiusa all’esterno da un muro e non da una porta. Al momento dell’apertura non venivano quindi aperte le valve di una porta, ma si abbatteva un muro: il Papa ne abbatteva una parte e i muratori completavano poi l’opera di demolizione. É ancora vivo il ricordo e l’apprensione avuta per i calcinacci caduti a pochi centimetri dal Papa Paolo VI al momento dell’apertura della porta santa nella Notte di Natale del 1974.

Il martello. Il Papa già nel Natale del 1499 usò il martello per battere tre colpi contro il muro che chiudeva la porta santa. Inizialmente veniva usato il martello dei muratori e i colpi dati non erano del tutto simbolici. Quasi subito però il martello divenne un oggetto artistico e prezioso. Nel 1525 il martello usato era d’oro e nel 1575 d’argento dorato con il manico di ebano.

La cazzuola e i mattoni. La cazzuola veniva usata dal Papa nel rito di chiusura. L’uso è attestato a partire del Natale del 1525. L’ultimo Papa che ne ha fatto uso è stato Pio XII nel rito di chiusura dell’anno santo del 1950 [16].

Le monete. Anche l’uso di includere alcune monete nel muro della porta si attesta a partire dal XVI secolo; inizialmente erano semplicemente murate nella calce, dal 1575 invece furono inserite in una cassettina metallica.

L’acqua benedetta. L’uso dell’acqua benedetta è già previsto nel Rituale del 1525 per benedire le pietre e i mattoni che servono per la chiusura della porta santa. Successivamente se ne introduce l’uso anche per l’apertura della porta: i Penitenzieri, dopo l’abbattimento del muro, passano dei panni imbevuti di acqua benedetta sia sugli stipiti che sulla soglia. Tale rito è rimasto in vigore fino all’ultimo anno santo.

La porta di legno. All’esterno della basilica la porta santa era chiusa da un muro, mentre all’interno il muro era coperto da una semplice porta di legno. La porta veniva tolta prima dell’abbattimento del muro e rimessa subito dopo in quanto serviva da chiusura notturna quando non erano più consentite le visite dei pellegrini. Le semplici e disadorne porte di legno che vediamo ancora oggi chiudere dall’esterno le porte sante di S. Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e S. Paolo, erano le vecchie porte che fino al Giubileo del 1975 si trovavano davanti alla porta santa all’interno della basilica. Nella Basilica di S. Pietro invece l’ultima porta di legno, inaugurata da Papa Benedetto XIV nel 1748, venne sostituita, il 24 dicembre 1949, da una porta di bronzo benedetta da Papa Pio XII subito dopo l’apertura della porta santa.

Nel Natale del 1975 il rito di chiusura della porta santa venne modificato. Il Papa non usò più la cazzuola e i mattoni per dare inizio alla ricostruzione del muro ma chiuse semplicemente i battenti della porta di bronzo del 1950. La porta, che fino ad allora era stata all’interno della basilica, si venne così a trovare all’esterno come la vediamo ancora oggi. Il muro che chiudeva la porta all’esterno venne successivamente costruito all’interno della basilica e il 27 febbraio dello stesso anno vi venne murata la tradizionale cassetta con le monete e la pergamena che ne attestava la chiusura. Inoltre, dal grande Giubileo del 2000, si aggiunge il rito della cosiddetta Recognitio. L’ apertura della porta santa è preceduta, secondo la tradizione, dal rito della Recognitio. Si tratta di predisporre tutto ciò che è necessario affinché la porta santa possa essere aperta dal Pontefice. In particolare viene tolto il muro di mattoni che chiude la porta santa all’interno della basilica prelevando la cassetta che vi era stata murata [17].

[11] Inter curas multiplices.

[12] Gv 10,9.

[13] cfr. Incarnationis mysterium, 8.

[14] Tertio Millennio Adveniente, 33.

[15] cfr. P. Marini, L’apertura della Porta Santa del Grande Giubileo del 2000. Indicazioni rituali, in vatican.va.

[16] cfr. L’Osservatore Romano, 26-27 dic. 1950.

[17] Per approfondire ulteriormente la parte sul rito e le sue specificità, si veda: P. Marini, L’apertura della Porta Santa.

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