Quale paladina del popolo ebraico e simbolo del potere esercitato saggiamente, Ester è all’origine della festa di Purìm, che ancora oggi è tradizione celebrare presso gli ebrei.

Su decisione del re, Aman è impiccato nel palo che egli stesso aveva fatto preparare per Mardocheo, finendo quindi vittima del suo stesso male. Sarà proprio lo zio di Ester a prendere il posto di Aman, come viceré, e ricevere in compenso tutte le terre appartenute a quest’ultimo. Ma la storia non è ancora finita: incombe infatti sugli ebrei lo sterminio sancito da Aman.

Ester si appella di nuovo al re, che le permette di emanare un ulteriore editto, per rettificare quanto possibile il precedente. Le decisioni sigillate dall’anello regale, infatti, non potevano essere revocate, perciò Ester è costretta a trovare una via differente. Vengono convocati gli scribi e viene inoltrata la seguente lettera in tutto il regno persiano di Artaserse.

Già da questa prima parte della lettera, possiamo cogliere il riferimento velato ai personaggi di Artaserse e Aman. Quest’ultimo, oltre che della propria crudeltà, è colpevole anche del male in cui ha trascinato Artaserse con l’inganno. Il re si è fidato di lui al punto da consegnargli l’anello perché prendesse le decisioni in suo nome. Ma Aman si è lasciato sedurre dal potere e la superbia ha fatto il resto.
Nelle righe successive è menzionato apertamente il nome di questo traditore ed è svelato anche il suo subdolo progetto di trasferire l’impero dei Persiani ai Macedoni, popolo cui egli apparteneva. Chiude la lettera l’appello al popolo di Persia a non tenere conto dei suoi malvagi decreti, e a permettere invece ai Giudei di avvalersi delle loro leggi. Tutti dovranno fornire aiuto agli ebrei contro i nemici che tenteranno di ucciderli nel giorno della persecuzione.

Infatti questo giorno, invece di segnare la rovina della stirpe eletta, Dio, dominatore di ogni cosa, lo ha cambiato per loro in giorno di gioia.

Est 8, 12t

Con questa strategia Ester riesce a salvare la vita del suo popolo e inaugura la festa di Purìm, cioè la festa del “ribaltamento delle sorti”. Se inizialmente gli eventi sembravano sfavorire gli ebrei e favorire i malvagi, alla fine per gli ebrei tutto volge al meglio mentre è rovina per i nemici.
Durante le gioiose celebrazioni di Purìm – simile al Carnevale cristiano – gli ebrei sono soliti mascherarsi con costumi per fare memoria di questo ribaltamento di sorte.

Perciò quei giorni furono chiamati Purìm a motivo delle sorti, poiché nella loro lingua esse sono chiamate Purìm, e a motivo delle parole di questa lettera, che ricordava tutto quello che avevano sofferto e che era loro capitato. 

Est 9, 26

La festa di Purìm mi fa pensare che spesso nella mia vita Dio è intervenuto per “mutare l’amaro in dolcezza”, come direbbe s. Francesco. Spesso le situazioni più intricate, in cui non scorgevo via d’uscita e quasi non osavo coltivare la speranza, si sono sciolte e, talvolta, rivelate persino provvidenziali. Mi hanno insegnato, in fondo, che Dio è più grande di tutte le “sfighe”, di tutti gli ostacoli, e di tutte le persone malvagie in cui talvolta incappo. E con Ester posso ben dire:

“Hai mutato il mio lamento in danza,
mi hai tolto l’abito di sacco,
mi hai rivestito di gioia,

perché ti canti il mio cuore, senza tacere;
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre”.

Sal 30 (29), 12-13

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Benedetta

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