Sinceramente non so cosa mi abbia veramente spinto a puntare la sveglia alle 5.15 di un normale martedì di Maggio, forse la tradizione, forse il bisogno di una sfida quotidiana, forse l’idea di svegliarsi presto e godersi la brezza mattutina, forse la devozione mariana. Fatto sta che stamattina, quando il caffè profumava la cucina, ero già pronto per questo camminata che in realtà per me è un pellegrinaggio. Una tradizione decennale che vuole che si parta dal centro di Offida e si raggiunga la chiesetta campestre della Madonna della Sanità, detta anche da alcuni documenti storici “del ponticello“.
Alla Vergine nei secoli sono stati dati tanti appellativi e Madonna della Sanità è uno di questi tanti ma con il tempo – almeno per me – ha acquisito uno significato nuovo, dal sapore esistenziale e forse è questo è il motivo per cui stamattina con altri cinque temerari siamo partiti, facendo il giro lungo ed asfaltato causa pioggia, alla volta di questa perla incastonata nelle campagne offidane.
Un’ora di camminata, a passo svelto, per buona parte in salita, un’ora fatta soprattutto di condivisione di esperienze, scambio di opinioni ed almeno per me, anche se per pochi minuti, di preghiera. Una preghiera silenziosa, avevo il fiatone figuriamoci se potevo pregare verbalmente, una preghiera che implorava Maria di farsi per me compagna di strada sulle strade della vita.
Il tutto condito da tanta nebbia e una pioggerellina che rendeva il cammino più impervio ma anche più suggestivo. Poi le curve finali, i cipressi che indicavano la meta cercata e in fondo su uno spazzo verdeggiante la piccola chiesetta dove ci attendeva un altro folto gruppo di pellegrini arrivati lì in auto per la celebrazione eucaristica.
Una volta asciugato, ero pronto a partecipare, insieme agli altri, all’intima liturgia con lo sguardo fisso verso la Vergine della Sanità. Erano da poche suonate le sette del mattino quando è stato intonato il canto di inizio e lì mentre pregavo ed ascoltavo ho pregato per la salute mia e non solo, rendendomi conto di quanto sia un dono tanto prezioso quanto dato per scontato, quasi dimentichi del saggio adagio “l’importante è salute, perché quando non ci sta quella è tutto più difficile“. Una salute che non può ridursi alla mera sfera fisica ma che occorre che sia integrale: spirituale, mentale, interiore.
Un ascolto permeato da questa promessa rivolta dal Signore per tramite del profeta Elia alla vedova di Sarepta di Sidone: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”, protagonisti della prima lettura scelta per la festa (1Re-17). Un impegno da parte del Signore a prendersi cura di noi anche quando le vicende di ognuno sembrano dimostrarci il contrario.
Il tempo poco clemente non ci ha permesso di festeggiare all’aperto con la tradizionale colazione con tanto di dolci e latte e caffè ma non ci siamo fatti scoraggiare ed abbiamo rimediato adattandoci come potevamo.
Spesso la vita è come un cammino e questo pellegrinaggio quasi antelucano me lo ha ricordato, un cammino non in solitaria ma in compagnia di tanti amici, fratelli e perché no? Di Maria e Gesù.
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