Raffigurando il momento della creazione dell’uomo, l’autore dei mosaici di Monreale ha voluto raffigurare il Padre con le sembianze del Figlio, per ricordare a colui che guarda che Gesù è “immagine [visibile] del Dio invisibile” (Col 1,15).
Anche Adamo, però, che è raggiunto da un raggio luminoso che parte dal volto del Cristo, ha le sue stesse sembianze. Creato a immagine e somiglianza del suo Creatore (cfr. Gen 1,26) egli porta i lineamenti del suo volto. È stesso volto che il Cristo – “nato da donna” (Gal 4,4) – ha fatto suo nel momento dell’incarnazione.
C’è quindi una somiglianza tra Adamo e Cristo. Ma c’è anche una profonda antitesi, quella che San Paolo rimarca con forza, facendone uno dei capisaldi della sua teologia.
Già nella prima Lettera ai Corinzi, dopo aver affermato che “Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”, aggiunge:
“Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti” .
(1Cor 15,20-21)
In Adamo – spiega – tutti sono morti, ma nel Cristo tutti sono destinati ad ottenere la vita. E poco dopo aggiunge: “il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita”.
Se Adamo rappresenta in sé l’umanità caduta e prigioniera delle sabbie mobili del peccato da cui nessuno da solo può salvarsi, in Cristo quella stessa umanità adamitica è redenta. In Rm 5 questa idea è ripresa e sviluppata.
Paolo non intende tanto riflettere su Adamo e le conseguenze che il peccato ha sull’umanità, ma sul fatto che in Cristo la grazia è stata riversata in abbondanza su tutti gli uomini. Il dono ricevuto in Cristo supera di gran lunga (“molto più”) la caduta di Adamo, perché “dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20).
L’uomo, simile ad Adamo, unito alla morte di Cristo nel battesimo, in Lui ha in dono la vita, partecipando così alla nuova Creazione che la risurrezione ha inaugurato.
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Don Fabio