I sentieri di amore e sapienza in Salinas e in Sir 6
Abbiamo visto nello scorso articolo, come Sir 6 e i versi di Non ho bisogno di tempo di Salinas, si richiamino vicendevolmente. Ora scendiamo più profondamente nelle pieghe dei testi per coglierne le consonanze e le dissonanze o, ancora, le salite e le discese in quel loro valicare il sentiero di amore e sapienza. Partendo dalla poesia di Salinas, è possibile scorgere, in questo suo XII canto, tre movimenti: il primo (vv. 1-15) racconta il modo di conoscere amore, il secondo (vv. 16-21) racconta, invece, l’esperienza dell’incontro, il terzo (vv. 22-37), infine, la certezza di un’appartenenza ancestrale che lega col suo sigillo l’uomo a amore.
Il modo di conoscere Amore
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui taci?
Chi ti cerca nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
Ciò che nell’esperienza quotidiana di vita è dato all’uomo che si mette in cerca di Amore è, per la maggior parte, silenzio, spazi e tempi in cui tutto sembra tacere. Di fronte ad esso, il cuore sente forte la volontà di retrocedere, fugge di fronte all’evidenza di uno spazio sacro enorme e della verità della sua fragile consistenza. Eppure di fronte al silenzio, tutte le fibre vitali umane, tutto il nostro essere è chiamato a qualcosa di più profondo, è chiamato all’ascolto.
Ascolta, figlio, e accetta il mio pensieroSir 6,25
e non rifiutare il mio consiglio.
«Ascolta, cuore e accetta le tue ferite, accetta le tue fatiche e non rifiutare il silenzio che ti desta al tuo profondo desiderio, che ti conduce nell’intimo di ciò che sei e di ciò che desideri». E nelle intimità taciturne dell’io che riscopre se stesso, avviene l’incontro.
L’incontro con Amore
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Nel silenzio, dunque, il cuore riesce a toccare, senza più estroflessioni, lo squarcio brutale che lo abita, il suo limite doloroso e la ferita che Amore ha impresso perché le sue fibre fossero quotidianamente proiettate a qualcosa di infinito. Lo squarcio, allora, diventa legame, áncora alle profondità e alla verità dell’essere tutto. Il limite diventa sigillo, unica catena perché il cuore possa volare libero. E in questa libertà riconosce certamente di appartenere ad Amore da sempre.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell'equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei cosí anticamente mia.
Da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.
I suoi ceppi saranno per te una protezione potenteSir 6,29
e le sue catene una veste di gloria.
Elisabetta Corsi