La comunione dei santi

Prima di pensare e pregare per se stessa, la regina ricorda il suo popolo e implora la protezione divina per tutti i disperati e gli oppressi.

Mi viene spontaneo chiedermi: che posto occupano gli altri nella nostra preghiera?

Spesso siamo talmente egocentrici e autocentrati da preoccuparci solo del nostro misero orticello: già è tanto se ci ricordiamo della nostra famiglia, perché il più delle volte nella preghiera non facciamo altro che rigirare vorticosamente attorno a un unico pronome: io.

Allora mi viene in soccorso un consiglio di Papa Francesco. Nella sua semplicità, suggeriva di usare le dita della mano per ricordarci di pregare.

Si parte dal pollice, il dito più vicino a noi che ci invita a pregare per i nostri cari, per le persone che incontriamo tutti i giorni. Poi viene l’indice, il dito del “comando” che ci esorta a ricordare chi svolge il ruolo di guide in campo educativo, sanitario, religioso (insegnanti, medici, vescovi). Il medio, con la sua altezza, ci fa invece pensare ai governanti, agli imprenditori e ai dirigenti, le cui scelte ed azioni sono decisive per le nazioni. L’anulare, il dito più debole, ci ricorda di pregare per gli emarginati, i malati, le persone sole. Inoltre possiamo pregare anche per le coppie di sposi, dato che proprio sull’anulare si pone la fede. Infine il mignolo, il dito più piccolo e lontano, ci ricorda il nostro misero io. Possiamo pregare per noi stessi, ma dopo aver pregato per tutti gli altri, perché pregare significa amare e solo l’amore può aiutarci a capire di che cosa abbiamo veramente bisogno e chi siamo agli occhi di Dio.

Corone deposte

Ester è una donna umile. Non si crede chissà chi, solo per il fatto di essere regina e moglie di Artaserse. Nei riguardi di se stessa, chiede a Dio di essere liberata dall’angoscia, di non essere lasciata da sola, di suggerirle ciò che deve dire. Col suo rifiutare di indossare la corona, mi ha ricordato un’altra regina vissuta nel Duecento, Elisabetta d’Ungheria.

“Una volta, entrando in chiesa nella festa dell’Assunzione, si tolse la corona, la depose dinanzi alla croce e rimase prostrata al suolo con il viso coperto. Quando la suocera la rimproverò per quel gesto, ella rispose: “Come posso io, creatura miserabile, continuare ad indossare una corona di dignità terrena, quando vedo il mio Re Gesù Cristo coronato di spine?”.

Santa Elisabetta d’Ungheria di Jan Provoost
Foto da Wikimedia Commons

Elisabetta e la nostra cara Ester ci invitano a deporre quelle corone che ci illudono di essere forti, potenti, grandi, autosufficienti. Ci insegnano che in verità proprio nessuno può bastare a se stesso. Abbiamo tutti un viscerale bisogno di Cristo Re che dalla Croce ci guardi con verità e misericordia, riempiendo la nostra vita di senso.

Per leggere la scorsa puntata clicca qui: Ester e la memoria.

Per approfondire la figura di Santa Elisabetta clicca qui: Santa Elisabetta d’Ungheria.

Benedetta

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