Il conflitto eternità-tempo nella poesia di Cristina Campo
Amore, oggi il tuo nome
Nello scorso articolo (clicca qui) abbiamo introdotto il sentimento poetico di Cristina Campo. Oggi leggiamo insieme una delle prime poesie composte dalla poetessa, Amore, oggi il tuo nome. Contenuta nella raccolta poetica Passo d’addio (1956), la poesia è un dialogo appassionato fra l’eternità e il limite dell’esistenza umana.
Amore, oggi il tuo nome al mio labbro è sfuggito come al piede l’ultimo gradino ora è sparsa l’acqua della vita e tutta la lunga scala è da ricominciare. T’ho barattato, amore, con parole. Buio miele che odori dentro diafani vasi sotto mille e seicento anni di lava – ti riconoscerò dall’immortale silenzio.
Inarrivabile amore
L’amore è più di una realtà: è una controparte dell’io a cui le parole si rivolgono come protese verso una totalità esistenziale. L’amore è la realtà immortale in cui e per cui l’uomo vive, che sperimenta, ma che non riesce mai ad afferrare a pieno. La sua inarrivabilità, sostanza della perfezione, definisce il limite dell’uomo. Sfuggono le realtà immortali alla percezione umana, così come la dimensione escatologica disperde lo scorrere del tempo.
In perpetua estasi
L’esperienza dell’amore è sempre estatica, in senso etimologico: l’io si percepisce in un esodo permanente che dalla chiusura in sé stesso approda alla liberazione. Ma prima di arrivare agli sconfinati spazi della libertà deve passare attraverso una continua ricerca. Il campo di indagine in cui il tempo scorre e si perde ha la stessa sostanza immortale della carità. I giorni servono all’uomo per estrapolare la forza dispersiva del tempo e rifugiarsi in un’eternità che è la realtà stessa a promettere.
Estatico silenzio
Nella seconda parte della poesia l’amore-esperienza diventa dimensione immanente alla storia del mondo. Il buio segreto del suo esistere viene percepito attraverso i diafani vasi della vita cosmica ed è tutto l’essere che ne percepisce la grandezza o che ne scorge, almeno, i contorni. Non si conosce il dolce segreto dell’amore. Si riconosce. Si percepisce la sua inarrivabile bellezza perché già — forse in un tempo senza tempo — l’anima ha goduto dell’immortalità. E nel turbinio delle parole che cercano di afferrare la sostanza delle cose, l’amore, principio e sostanza della creazione aspetta l’umanità nel silenzio estatico della sua eternità.
Elisabetta Corsi