La dottrina ascetica della Regola vuole essere una meditazione sui capitoli 4 – 7 della Regola di Benedetto. Altri articoli di approfondimento sul tema li trovate nella nostra rubrica Dentro le Regole

Riprendendo il nostro percorso sulla Regola, affrontiamo la tematica dell’ascesi, considerata nella tradizione benedettina base e fondamento della spiritualità benedettina, e affrontata in quattro capitoli:

  • Cap. 4        Gli strumenti delle buone opere;
  • Cap.5        L’obbedienza;
  • Cap. 6        L’amore al silenzio;
  • Cap. 7        Umiltà.

San Benedetto, non avendo l’intenzione di scrivere un trattato di teologia sulle virtù e sui vizi, e per approfondire i temi relativi all’ascetica, alla mistica e alla contemplazione, rimanda alla Sacra Scrittura, ai Padri della Chiesa e ad altri autori monastici. In questo pezzo affronteremo questi articoli.  È poi degno di nota il cap. 68, che ha come titolo “Se a un fratello vengono comandate cose impossibili” e che ritengo trattare all’interno di questo articolo perché è un’applicazione pratica relativa all’obbedienza.

Foto di Iqbal farooz da Pexels

L’ascetica nel cap. 4

Il capitolo 4 è composto da un lunghissimo elenco di massime morali: sono frasi brevi per permettere al monaco di impararle a memoria; in questi insegnamenti il Santo Patriarca vuole ricordare che il monaco, come ogni battezzato, è soggetto alle esigenze universali che si possono trovare nella Parola di Dio. Questo capitolo è divisibile in tre parti: all’inizio vi sono 74 strumenti delle buone opere; inizia con il primo precetto della carità: “Anzitutto, amare il Signore Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (v.1) e termina con quello di “non disperare mai della misericordia di Dio” (v.74); segue la presentazione della ricompensa che si riceve quando si attuano le buone opere (vv.75-77); infine vi è il versetto 78, che ci aiuta a mettere a fuoco il luogo dove occorre adoperare questi arnesi.

La trilogia benedettina

Nei capitoli successivi affronterò la trilogia benedettina: obbedienza (cap.5), silenzio (cap. 6) e umiltà (cap.7). Sarebbe errato considerare queste tre virtù benedettine su uno stesso piano. “L’umiltà – scrive De Voguè, studioso e conoscitore della regola – è la madre dell’obbedienza e del silenzio; infatti obbedienza e silenzio sono due modi dello stesso comportamento, della sottomissione: l’obbedienza rende omaggio agli ordini del superiore e il silenzio rende omaggio agli insegnamenti del superiore. In questo possiamo ritrovare la necessità di dare prova di umiltà quando si mortifica la propria volontà e ci si sottomette ad un anziano nell’obbedienza, trattenendo la lingua e rimanendo in silenzio.

Tale ritratto che abbiamo presentato delle tre virtù ha origine da Cassiano e la triade è intimamente connessa; ogni virtù include le altre due.

Infatti nel capitolo dedicato all’umiltà, San Benedetto descrive l’obbedienza nei primi quattro scalini della scala dell’umiltà, mentre il silenzio il tema è presente nel nono, decimo e undicesimo gradino. Possiamo dunque dire che l’obbedienza è l’umiltà nell’agire, il silenzio è l’umiltà nel parlare e di conseguenza l’una è pronta ad agire, l’altra è lenta nel parlare.  

http://bm.bncrm.beniculturali.it/sistema-monastico/regole-monastiche-regula/ 

Fra Matteo

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