Pace e bene a te cara sorella e caro fratello che ti appresti a leggere questo articolo. Voglio raggiungerti con la semplicità del saluto francescano per presentarti il cammino che faremo insieme. Mi presento, sono fra Daniele, un frate minore cappuccino e vivo a Pietrelcina. Tempo fa, Paride, coordinatore di questo blog, mi ha chiesto di scrivere degli articoli che potessero aiutare a comprendere e ha partecipare nel migliore dei modi alla celebrazione eucaristica.
Ho accolto con entusiasmo l’invito perché, ritengo che questo, sia un cammino essenziale e urgente da compiere. Abbiamo bisogno di accostarci come Chiesa (presbiteri,laici, consacrati) alla celebrazione con una comprensione rinnovata del mistero, con una mentalità ed un cuore totalmente nuovi, difronte ad un evento che sembra già in nostro possesso e, invece, ancora non lo comprendiamo del tutto.
Celebrando, in alcuni contesti, ho come l’impressione che si partecipi ad un’opera teatrale. Il celebrante fa le sue cose, dice le sue preghiere, e l’assemblea assiste a tutto questo con un volto ed uno sguardo estremamente assenti, tristi. A volte sembra di celebrare da solo, difronte ad un popolo che è proiettato in un contesto lontano da quello in cui si trovano, e non credo che questo dipenda esclusivamente dal carisma del celebrante. Non parliamo poi di come ritorniamo a casa, dopo la celebrazione, con un cuore vuoto. Forse, la maggior parte delle volte, neanche ci ricordiamo le parole del vangelo.
Consapevolmente, piamente e attivamente
Cari amici, ritorniamo ad appropriarci della celebrazione. A più di 50 anni dal Concilio Vaticano II, dobbiamo sentire l’esigenza di accogliere la celebrazione eucaristica, liberandoci da ogni ritualismo e formalità che lasciano una distanza enorme tra ciò che celebriamo e ciò che viviamo. L’Eucaristia deve diventare esperienza viva di fede, di preghiera, di chiesa.
La “Messa” deve diventare sempre di più esperienza che trasfigura la nostra vita quotidiana, così come il documento conciliare sulla liturgia ci suggerisce:
“Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti” (Sacrosanctum Concilium, 48). concilium_it.htmlhttps://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html
Per vivere bene l’incontro eucaristico, non basta solo essere pervasi da un pio desidero spiritualista, dobbiamo avere il coraggio della formazione.
Comprendere, sapere, porsi delle domande, cercare delle risposte, contemplare il mistero anche con gli occhi della ragione, illuminati dalla preghiera. Questo approccio formativo alla fede, diventa un autentico cammino cristiano, che cerca di dare delle risposte esaurienti anche oggi, alla società contemporanea che guarda a noi cattolici praticanti come a dei pezzi rari da museo.
Incontro con il l’Agnello
Ogni qual volta partecipiamo alla mensa eucaristica, sentiamoci invitati e beati, forse, il nostro “stare” messa diventerà progressivamente vivere l’Eucaristia come l’incontro con il Risorto che continua a sostenere la sua famiglia.
Il nostro cammino fraterno, potrà diventare un itinerario formativo su ciò che abbiamo da sempre celebrato, anche con amore e devozione, ma talvolta, senza capirne il vero senso. Cercherò di essere il più semplice possibile, proprio per dare a tutti la possibilità di approfondire la celebrazione eucaristica, considerando le parti essenziali di cui è composta.
A partire da una approccio intellettuale e orante, il mio intento è quello di poter vivere la celebrazione in modo da fare l’esperienza della “tenerezza eucaristica”, indossando l’abito dello stupore e della meraviglia ogni qual volta, come Chiesa, viviamo l’Eucaristia. Mi piacerebbe vedere le nostre assemblee sussultare di gioia adorante, quando il celebrante, alza sull’altare il pane consacrato, facendo sue le parole dell’Apocalisse: “Beati gli invitati alla cena dell’Agnello” (19,9).
Fra Daniele Moffa