L’altro giorno ero seduto in auto in attesa di poter partire e mi è capitato di intercettare un piccolo scambio di battute tra due uomini che passavano di lì e si scambiano i consueti auguri di “buona fine e buon inizio”. Nulla di insolito anzi quasi estremamente quotidiano, poi l’uno si rivolge all’altro con un’affermazione, anche questa abbastanza comune: “Questo 2024 proprio un anno da cancellare!” e giù una lista di eventi che gli sono accaduti. Il mio cervello si è scollegato ed anche io ho iniziato a fare una lunga lista di cose “non belle” dell’anno che oggi si chiude, che avrei voluto cancellare. Ma a ben pensarci quanti di noi, facendo un bilancio più o meno preciso degli oltre trecento sessanta giorni appena trascorsi non si soffermerebbe sulle tristezze più che sulle bellezze con la tentazione di voler cancellare i giorni brutti e lasciare quelli splendidi?

Anche io non sono esente da questa tentazione, anzi ci cado spesso e volentieri come se la vita potesse essere davvero diversa da quella che è. Rumiginare su quello che sarebbe potuto essere invece che accogliere, con gratitudine, ciò che c’è.

Eppure ci troviamo qui, alle soglie del 2025, ad augurarci un buon anno, come quella bellissima scena di Ermanno Olmi in cui un venditore di almanacchi nuovi incontra un passeggero e con lui ha un dialogo che suscita varie emozioni ed una certa speranza.

Ed io con sommessa speranza di augurarvi il meglio vi lascio una poesia che mi accompagna nei momenti di fatica e di non accettazione: “Se per…

«Se per recuperare ciò che ho recuperato
ho dovuto perdere prima ciò che ho perso,
se per ottenere ciò che ho ottenuto
ho dovuto sopportare ciò che ho sopportato,

se per essere adesso innamorato
ho dovuto essere ferito,
ritengo giusto aver sofferto ciò che ho sofferto,
ritengo giusto aver pianto ciò che ho pianto.

Perché dopotutto ho constatato
che non si gode bene del goduto
se non dopo averlo patito.

Perché dopotutto ho capito
che ciò che l’albero ha di fiorito
vive di ciò che ha di sotterrato».[61]

Francisco Luis Bernárdez, “Soneto”, in Cielo de tierra, Buenos Aires, 1937.

Buon 2025 e che sia un anno pieno di una speranza che non delude.

Paride

Ermanno Olmi: Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero.

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