Lunedì avevamo iniziato ad avvicinarci alla storia di Guido, oggi invece ci immergiamo in essa.

Guido Vidal França Schäffer era nato in Volta Redonda, Stato di Rio de Janeiro (Brasile), il
22 maggio 1974, secondogenito di tre figli, i suoi genitori erano Guido Manoel Vidal
Schäffer e Maria Nazareth França Schäffer. Venne battezzato il 22 dicembre dello stesso anno nella chiesa di Santa Cecilia di Volta Redonda. Successivamente la famiglia si spostò a Rio de Janeiro, nel quartiere di Copacabana.

Nel 1978 entrò nel Collegio Sacro Cuore di Maria, dove continuò i suoi studi fino al 1991.
Seguendo l’esempio del padre, si iscrisse alla facoltà di Medicina che frequentò dal 1992 al 1998.

In tutti questi anni universitari la sua partecipazione alla vita parrocchiale e religiosa si
rafforzò sempre di più progressivamente. Nonostante la sua giovane età, fondò un gruppo di preghiera chiamato “Fuoco di Spirito” nella parrocchia di Nostra Signora della Pace, nel quartiere Ipanema di Rio de Janeiro. Dal marzo 1999 al febbraio 2001, realizzò una sorta di volontariato medico presso l’Ospedale Generale della Santa Casa della Misericordia di Rio de Janeiro.

Questo fu un periodo molto importante per la sua vita: Guido si dedicò in modo
gratuito verso i poveri. Fu proprio in queste occasioni che nel suo cuore si accese la
vocazione alla vita sacerdotale. Dopo circa un anno dal suo ingresso in seminario, il 1 maggio del 2009, morì tragicamente mentre surfava col fratello e alcuni suoi amici.

Ad oggi la tomba di Guido è un luogo molto visitato e curato, dove in tanti lasciano targhe ed ex voto. La sua vita profondamente evangelica; la sua vita fatta di preghiera costante; la sua vita permeata da un amore disinteressato verso l’altro hanno lasciato un segno come pure quel suo sentirsi pienamente Chiesa e quindi comunità hanno profumato di Paradiso quella storia.

La santità, del resto, forse, funziona un po’ così: quando passa un santo, quando il suo
sorriso ti sfiora e quando la sua vita ti interpella, egli lascia una scia di profumo che si
prolunga anche dopo il suo passaggio. È proprio da quel lascito che comprendi la preziosità della sua vita: è quel chiudere gli occhi e continuare a “sentirne” il profumo diviene conferma che un evento di grazia è appena avvenuto.

    Guardando una sua foto, si comprende come gli occhi di Guido siano gli occhi di un ragazzo innamorato della vita e del Risorto; sono occhi che ci fanno sentire “sotto esame”, perché ci interpellano e ci provocano – del resto non c’è santo la cui santità non si identifichi con un compito all’interno della Chiesa; non c’è santo che non sappia che il suo vero e radicale compito è indicare all’altro una via, una strada; non c’è santo che non abbia compreso come la santità introduca nella società un seme che la guarisce e la trasforma.

    La freschezza della testimonianza di Guido mette in discussione quel modo quasi scontato e superficiale di vivere la fede, distaccandola dalla realtà. In questo senso assistiamo, purtroppo, occorre evidenziarlo, a una lacerazione, solennemente profonda, tra il Vangelo e la cultura: lacerazione che diviene, indubbiamente, il dramma della nostra epoca. Gli occhi di questo giovane uomo, gli occhi di Guido, insegnano alla Comunità credente che si può essere cristiani autentici e quindi santi in ogni condizione e senza avere dei talenti particolari, se non per la scelta coraggiosa di decidersi quotidianamente per Dio. A casa, in università, nel volontariato, tra gli ultimi, mentre ti alleni, o semplicemente mentre “cavalchi” le onde col surf…

    Guido ci aiuti a stare dentro la storia, dove ognuno, scelga di viverla dal di dentro, fino in fondo, ad imitazione del Cristo, unico Maestro, che nella sua incarnazione ha assunto tutto dell’umano, imparando, così, quel cammino di fiducia che apre strade di libertà nel mezzo di tempeste e tra i mari, quasi sempre inquieti, della vita.

    Andrea Maniglia

    Per conoscere ulteriormente la figura di Guido, segnalo: «Col surf, tra le pagine del Vangelo» edito dalla Graphe.it

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